RECENSIONI
181
critica, distinguendo gli scopi della scienza umana dai temi dell’
origine
e della
verità
. Se l’«origine dell’antropologia non è antropologica» come «l’origine
dell’uomo non è umana», la
verità
della religione cristiana non è l’obiettivo
della scienza. Questa ne coglie non l’
origine
ma la
funzione
in relazione alle
leggi e alle costanti della stessa scienza, analizzata – tra la
Scienza nuova
’
30 e
la
Scienza nuova
’
44 – «dal lato della sua funzione civile, sullo scosceso crinale
di quei
fini anco umani
nei quali esclusivamente si orientano le ambizioni del-
la scienza» (p. 51). Una soluzione che, com’è noto, confina il tema dell’«aiuto
ordinario» alla «conservazione» ma che non per questo può automaticamente
deporre a favore dell’eterodossia di Vico. Lo prova l’acuta diagnosi del Capo-
rali tesa a sottolineare l’ascendenza arabo-aristotelica, e poi scolastica, della
teoria del «carattere naturale dell’agire provvidenziale», da tenere in massima
considerazione per comprendere i nuovi rapporti tra scienza e religione fuori
dagli «abissi dell’interiorità», opposti all’esteriorizzazione civile dell’esperien-
za religiosa nel mondo delle nazioni (p. 53). Per tutto ciò, il punto di vista del-
la scienza è quello attratto dalle logiche complicate del
corso
e del
ricorso
en-
tro le quali la religione cristiana, priva di ogni primato (come denunciato dalla
«censura» del Rossi), si colloca dentro il dispiegamento delle drammatiche
esperienze della natura umana, enfatizzate dal richiamo culturale di Vico al
pagano
e all’
antico
, in particolare al mondo romano,
exemplum
dei contras-
segni dell’uomo moderno e del suo destino.
Nel capitolo terzo del volume l’attenzione si concentra su Lucio Giunio
Bruto, artefice della cacciata dei Tarquini e padre della repubblica romana,
personificazione, nei suoi «volti», di significativi intrecci tematici che fanno
mutare il pensiero di Vico dal
Diritto universale
alle
Scienze nuove
per la capa-
cità di includere le dinamiche ordinarie e costanti del corso storico anche ri-
spetto alla mitologia storica testimoniata dalla sua figura (p. 55). Al centro
della
civitas
romana e accanto alla fonte classica privilegiata (Livio) c’è con
Sallustio Agostino e un passo del
De civitate Dei
(V, 18, 1-2), trascurato dalla
storiografia tradizionale ma emblematico, secondo Caporali, per comprende-
re la crisi dell’eroismo romano e, insieme, la sua trasfigurazione nella
Scienza
nuova
1744. Qui viene a maturazione una lenta ma inarrestabile evoluzione
che trasferisce la critica agostiniana dell’eroismo romano (personificato dalla
«gloria infelice» di Bruto, pp. 59 sgg.) dal piano teologico-apologetico a quel-
lo antropologico-filosofico relativo alle capacità espansive della natura umana
e, quindi, oggetto di ‘pratica’ scientifica. E tutto ciò oltrepassando definitiva-
mente le posizioni del
Diritto universale
che aveva rovesciato le resistenze
agostiniane, trasformando noti temi machiavelliani e condividendo la fonda-
zione etico-giuridica della ‘politica’ di Dante: «Dall’universalismo morale alla