RECENSIONI
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ca che l’autore sollecita, e che si traduce in una prospettiva sostanzialmente
panottica e dunque sincronica. Un’analisi testuale della scrittura della
Scienza
nuova
conduce a confermare tale prospettiva, mettendo così a fuoco un altro
importante aspetto dello stile della simultaneità e della connessa spazializza-
zione del testo che costituiscono l’ipotesi di fondo di questa ricerca» (p. 143).
Lo stile della simultaneità e la spazializzazione del testo, a proposito della
Scienza nuova
del 1744, sono due indicazioni altrettanto importanti dell’A.
Grazie alla prima, si interpreta meglio la più grande scoperta di Vico e
cioè la congiunzione di filosofia e filologia nella
Scienza nuova
.
Per il tema ‘immagine e parola’, l’A., a p. 147, scrive: «Il microaffresco
della medaglia [delle ‘tre cosce’] è anche discorso, a riprova di una nozione di
linguaggio secondo la quale immagine e parola non vanno considerati come
forme separate, ma rappresentano semmai stadi diversi del medesimo atto
espressivo, sostanzialmente iconico e spaziale».
Ancora a proposito della compresenza dei tempi, l’A, fa notare che Vico
inserisce talvolta esempi presi dall’attualità nel proprio discorso riguardante
l’antichità
.
A p. 159, dove è raffigurato un Vico tra pancronia e rischio di acronia, l’A.
richiama, tra l’altro, l’attenzione su una mirabile pagina della
Scienza nuova
del
’
30, la quale ci dà la misura della serietà straordinaria con la quale Vico
misurava il proprio operare con i grandi dell’antichità e con gli uomini futuri,
oltre, naturalmente, che con il lettore a lui contemporaneo. Un dialogo con
Platone, con Varrone, con i posteri. La sua meditazione non gli concedeva
sconti né calate di tono.
Del racconto vichiano sulla nascita della tragedia l’A., p. 164, sottolinea la
«compresenza dei tempi del mondo narrato e del mondo commentato, l’acco-
stamento di epoche diverse, il richiamo all’esperienza quotidiana odierna at-
traverso l’osservazione dei costumi ‘contadineschi’». Sini riporta quindi (pp.
164-165) la splendida pagina sulla vendemmia e sull’origine della tragedia
(pp. 410-411 dell’edizione originale)
e
molto opportunamente la definisce
non lontana dalla realtà storica effettiva. L’A. ci offre delle acute osservazioni
a proposito dell’abitudine vichiana di accostare testimonianze storiche e con-
suetudini contemporanee, studiando i costumi dei bambini, dei contadini (in
questo caso i vendemmiatori della propria epoca). Si tratta di un’analisi assai
fine sui tempi verbali di questa pagina vichiana dove «ha luogo l’abituale al-
ternanza tra narrazione e commento, che diviene a tratti vera e propria fusio-
ne. Il discorso esordisce in forma di narrazione, con prevalenza del passato re-
moto per il primo piano e dell’imperfetto per lo sfondo. Qui si può notare
l’uso iterato, tipicamente vichiano, del verbo ‘dovere’, che nella
Scienza nuova