RECENSIONI
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guaggio, «immagine e parola non vanno considerati come forme separate», p.
147), che consentono al «lettore-spettatore» (p. 19) di visualizzare le grandi
rappresentazioni della
Scienza nuova
.
Lo stesso Vico entra in campo come personaggio protagonista (e ciò avvie-
ne senza alcuna sfasatura di piani temporali tra Vico personaggio e Vico au-
tore: egli attraversa gli spazi della
Scienza nuova
nel momento stesso in cui la
scrive, a differenza, ad esempio, della sfasatura temporale che c’è tra Dante
personaggio e Dante poeta): la filosofia della
Scienza nuova
è «riflesso del suo
autore […] che percorre gli spazi della sua opera ed è essa stessa grandioso
spazio, in cui il pensiero cammina […] in quel movimento di ‘sistole e diasto-
le’ tanto efficacemente descritto da Andrea Battistini» (p. 17). Si può quindi
affermare che Vico mette in scena (come personaggi, oltre ai suoi ‘eroi’ e a se
stesso) anche i concetti filosofici e le passioni. Questa operazione Vico l’aveva
attribuita a Gianvincenzo Gravina nel suo
Parere
premesso alle
Tragedie cin-
que
(Napoli, Mosca, 1712) di quest’ultimo. Ed è quello che Vico stesso farà
(riuscendoci a dire il vero molto meglio del Roggianese) successivamente nella
Scienza nuova,
dove ‘fa vedere’, dà corpo alle passioni, ai concetti filosofici,
mettendoli in scena con la plasticità tipica di un’opera drammaturgica. Si po-
trebbe aggiungere, quindi, alla considerazione dell’A. di p. 41, secondo la
quale la
Scienza nuova
è insieme un trattato di filosofia, un’opera di erudizio-
ne, un’opera letteraria, che la rappresentazione che Vico fa al mondo della
sua ‘scienza nuova’ ha anche le caratteristiche della rappresentazione teatrale.
Nella seconda parte del suo volume, intitolata
Lo spazio del libro
, l’A. stu-
dia con grande apertura e competenza lo stretto rapporto del pensiero di
Vico, in particolare della
Scienza nuova
del 1744, con la resa tipografica da lui
perseguita e voluta e fortemente testimoniata dai minuziosissimi avvisi che il
Vico stesso indirizzava agli stampatori. L’edizione Nicolini di tutte le opere
del Vico, attraverso la quale nel Novecento il mondo ha conosciuto e studiato
Vico, non era sensibile a questi aspetti, anzi li appiattiva nella smania di am-
modernare e offrire al lettore moderno dei testi il più possibilmente fruibili e,
in definitiva, allineati sulle consuetudini scrittorie e tipografiche del Novecen-
to (anzi, per quanto riguarda l’interpunzione, per dichiarazione stessa del
Nicolini, modellati sull’uso del Manzoni!).
A questa situazione si propose di porre rimedio Pietro Piovani con il suo
importante progetto di una nuova edizione del Vico, più fedele alle caratteri-
stiche anche esterne, testuali e paratestuali, dell’opera vichiana. Contempo-
raneamente Eugenio Garin e Tullio Gregory, con il suo Centro per il Lessico
Intellettuale Europeo, si mostrarono fortemente sensibili anche all’aspetto pa-
ratestuale dei testi vichiani (importante la riproduzione anastatica della
Scien-
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