RECENSIONI
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sgombra da pregiudizi totalizzanti, lontana da ogni adesione a storicismi si-
stematici e chiliastici, la ricostruzione d’una vicenda nel corso della quale lo
studio della storia ha raggiunto e messo alla prova un rigore nel contempo
tutt’altro che algido nei confronti del senso delle azioni degli uomini. È un
proposito, è un’esigenza, peraltro, cui viene data soddisfazione agendo con-
temporaneamente su due registri che potrebbero per alcuni aspetti apparire
divergenti. Da un lato, infatti, Silvia Caianiello affronta e analizza con am-
piezza di riferimenti l’opera di effettivi ‘addetti ai lavori’ dell’indagine stori-
co-filologica come Wolf, Heyne, Boeckh, Niebuhr, Droysen; da un altro, in-
vece, la sua attenzione va – in un lungo, denso capitolo – ad una figura che
non può essere fatta rientrare in senso stretto alla categoria di tali ‘addetti ai
lavori’, o quantomeno di cui vengono prese in esame quelle opere che, me-
no di altre, mostrano di rientrare nella categoria delle opere storico-filolo-
giche: è ovviamente di Herder che stiamo parlando, e delle
Ideen zu einer
Philosophie der Geschichte der Menschheit.
Quella che a tutta prima potreb-
be apparire addirittura una contraddizione nella struttura d’un libro il cui
motivo conduttore è senza dubbio una distanza costante (e ‘sentita’) nei
confronti di ogni facile ricorso alle soluzioni offerte dalle filosofie della
storia, in realtà appare ben presto ben altro che una contraddizione. Il con-
fronto con Herder – con uno Herder che oramai non possiamo non leggere
con gli occhi di Nisbet e di Verra – dà infatti modo a Silvia Caianiello di
poter mettere mano a quello che può essere considerato un vero e proprio
regesto di tutti i nodi problematici venutisi a formare in seno al dibattito
settecentesco (e non solo tedesco) intorno alla possibilità di fare uso delle
scienze della natura (ivi comprese, s’intende, quelle della vita) per arrivare a
dare spiegazione della storia dell’uomo. Non è solo così la sottolineatura
della radicale differenza tra Herder e Hegel sul piano della concezione di
un tempo che è salvato dal primo e dissolto invece dal secondo ‘in una fi-
gura escatologica’ ad emergere con nettezza, ma ad essere decisamente riba-
dito è anzi soprattutto il carattere ‘emergentista’, costitutivamente non-ridu-
zionista dell’interpretazione che della storia umana Herder ci propone con
la delineazione d’una prospettiva storicista la cui grandezza – scrive Silvia
Caianiello aderendo alle tesi di Nisbet e di Verra – sta nella costante salva-
guardia delle singole culture, delle singole forme di vita dell’uomo come ir-
ripetibili. È una prospettiva storicistica, è uno storicismo che prende forma
– così ancora viene efficacemente sottolineato – come conseguenza del ‘falli-
mentare tentativo di ricondurre la storia a leggi naturali’, di volere in altri
termini imporre la prospettiva del determinismo alla ricostruzione e alla
comprensione di vicende di cui è difficile e forse impossibile ravvisare la