RECENSIONI
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ispirarsi a criteri di diverso genere, tali da garantire un’effettiva fedeltà alla
dimensione dell’osservazione e quindi una reale empiria induttiva. Ciò non
significa in ogni caso uno schiacciamento delle posizioni di Winckelmann –
di una storia dell’arte alla ricerca dei criteri di identificazione dello ‘stile’ –
su quelle di Buffon e di altri aspetti del dibattito dell’epoca intorno alla
comprensione del vivente. Vi sono le convergenze, ma anche le divergenze –
ovvero quelle che sono solo superficiali analogie – che devono essere sottoli-
neate, e non si può certo dire che le analisi di Silvia Caianiello manchino di
cautela, di problematicità. Ma pur tenendo fede alla cautela, pur mantenendo
sempre fermo il senso della problematicità delle scorciatoie e delle pure e
semplici assonanze, perché non continuare su questa strada? Perché non ap-
profondire, in una serie di nuove ricerche e magari in un nuovo libro, il modo
in cui, per strade tortuose, anche la riflessione sui vari modi di fare storia e
sulla possibilità di praticarli comunque come scienza condotta nel grande se-
colo in cui la si è voluta esplicitamente teorizzare – il secolo XIX, il secolo
della grande divisione tra scienze della natura e scienze dello spirito – è stata
una riflessione che, rifiutando il determinismo dei modelli fisico-matematici,
nondimeno ha voluto in più d’un caso guardare non dalla parte di chi si ap-
pellava alla retorica di una filosofia della storia che proceda di chiarezza in
chiarezza? Quella riflessione, allora, aveva voluto guardare alle indagini di
chi, senza per questo volere fare dell’uomo un animale, nondimeno ne ritene-
va possibile studiare i costumi, le credenze, le arti con metodi che non ne met-
tessero irresponsabilmente in ombra quella che comunque ne è la fondamen-
tale naturalità, perché naturale è comunque anche quello che un conoscitore
attentissimo di quel mondo culturale come Antonio Labriola – chiamava il
‘terreno artificiale’ su cui si svolge la storia. Crediamo che ancora non sia po-
co quel che è da scrivere – e Silvia Caianiello sarà indubbiamente in grado di
farlo, lungo la linea di una tradizione di studi in cui la nostra cultura oramai
da tempo ha un vero primato – sulla storia che – per vie che spesso varcano
d’altronde i confini della Germania – va da Herder sino a Dilthey.
S
TEFANO
P
OGGI
C
HRISTIAN
D
EL
V
ENTO
,
Un allievo della rivoluzione. Ugo Foscolo dal «no-
viziato letterario» al «nuovo classicismo» (1795-1806)
, Bologna, Clueb, 2003,
pp. XIII-316.
È oramai una dato consolidato che negli ultimi anni si è affermata una
nuova, importante stagione di studi sulla situazione storica, politica e cultu-