RECENSIONI
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cratica e conservatrice, talvolta reazionaria, per restituirlo invece al proprio
tempo e al dibattito che in esso si svolgeva. Da questo punto di vista, po-
nendosi sulla linea dei lavori di Umberto Carpi, ma anche di Mario Pazza-
glia e Gennaro Barbarisi, il volume si allontana dalle prospettive che hanno
riassunto l’esperienza foscoliana stretta tra il giacobinismo giovanile e il rea-
lismo pessimista della maturità, così come da quelle che lo hanno rinchiuso
all’interno della categoria del ‘moderatismo’, per intenderla come «un per-
corso comune a molti esponenti del democratismo italiano e francese», in
modo da offrire una nuova valutazione della sua opera e delle sue riflessioni
storiche.
La linea interpretativa centrale è quella di mostrare la poetica foscoliana
come una reazione alla crisi del classicismo che cerca di alimentarsi di un
orientamento storicistico supportato da nuove inedite prospettive sociologi-
che. Infatti, al modello accademico ed erudito di imitazione, Foscolo sostitui-
sce l’idea che l’azione del poeta può essere adeguatamente compresa soltanto
attraverso l’identificazione con i poeti ‘primitivi’, che sono anche gli storici e i
teologi delle loro nazioni. Sulla base di questa intuizione, profondamente
intrisa di motivi vichiani, la nuova poetica foscoliana indica la via d’uscita
dalla crisi della poesia moderna non nel recupero dell’antichità, ma «nell’ade-
guamento del poeta al ‘genio’ e ai ‘costumi’ del proprio tempo» (p. 259),
dunque nel pieno riconoscimento del tema della storicizzazione delle varie
epoche. Questa tesi, argomentata principalmente nei capitoli VI-VIII del
libro, è introdotta da una lunga indagine sul periodo del noviziato veneziano e
sulle prime esperienze milanesi e bolognesi del grande poeta, il quale sin dai
suoi esordi si lega da un lato a Monti, incontrato in primo luogo per il co-
mune interesse verso la tragedia shakespeariana e al nuovo teatro tedesco
(Klopstock, Wieland, Lessing) e le cui opere (soprattutto l’
Aristodemo
e il
Ga-
leotto Manfredi
) rappresentarono per il giovane Foscolo un «vero e proprio
modello teatrale»; dall’altro, in particolare intorno al 1797, all’ala più radicale
dei patrioti veneziani, come per esempio Vincenzo Dandolo. Ma è l’ingresso
nella «Società d’Istruzione Pubblica» che colloca Foscolo vicino ai rivoluzio-
nari napoletani che collaboravano al suo interno, vale a dire Flaminio Massa e
Carlo Lauberg. Ciò mostra già negli anni del suo noviziato poetico la distanza
dalle posizioni più moderate e la vicinanza, attestata soprattutto dall’impegno
politico e dall’attività giornalistica, al tema della protesta sociale che lo acco-
muna ai democratici più radicali, che, seppure da posizioni giacobine, critica-
vano Robespierre.
All’interno di queste osservazioni alcuni elementi appaiono di maggior in-
teresse nella ricostruzione di Del Vento. Innanzitutto vorrei segnalare l’insi-
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