RECENSIONI
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stenza sul ruolo di Aurelio de’ Giorgi Bertola nella formazione foscoliana.
Questi, infatti, fu tra gli esponenti più illustri della cultura veneta di fine
Settecento (insieme a Ippolito Pindemonte, Melchiorre Cesarotti ecc.) la cui
esperienza era intrisa soprattutto di elementi tardo illuministici che Foscolo
certamente non poteva più condividere, ma che contribuirono ad aprirlo al-
l’esperienza politica e culturale degli illuministi napoletani, gli stessi ai quali
Bertola si riferiva nella
Filosofia della storia
(e su questo punto occorre riman-
dare alle pagine dell’introduzione di Fabrizio Lomonaco, che recentemente
ha dato alle stampe una riedizione di
Della filosofia della storia
, Napoli,
Liguori, 2002). Del Vento, dunque, mette in luce l’incontro di Foscolo con
quella generazione di studiosi meridionali che si erano alimentati della lezione
di Giambattista Vico, che al poeta, prima dell’incontro con gli esuli della rivo-
luzione del
’
99, giunse attraverso il filtro della cultura veneta e di Antonio
Conti, così come di Clemente Sibiliato e Francesco Colle, Jacopo Stellini e
Nicola Concina e Melchiorre Cesarotti, i quali «integrarono la lezione di Vico
con suggestioni provenienti dalla cultura anglosassone e dal sensismo fran-
cese» (p. 62). Questo è un punto particolarmente rilevante nella interpretazio-
ne di Del Vento, in quanto dal colloquio con quegli esponenti della cultura
veneta esperti di Vico, di un Vico europeo, provengono alcuni temi della fu-
tura riflessione foscoliana: dal ruolo della poesia nell’educazione politica di un
popolo al concetto di «poetica teologica». Qui naturalmente il filosofo della
Scienza nuova
diveniva un interlocutore privilegiato, sia per le sue analisi sul-
l’importanza della poesia nella civilizzazione dei popoli, sia per il suo tentati-
vo di «affidare compiti ermeneutici e quindi scientifici alle stesse arti poeti-
che» (p. 63); tuttavia, come si accennava, sempre nella prospettiva che la sue
tematiche andavano coniugate con Bacone, e dunque con il progetto enciclo-
pedico che assegnava alla poesia un grado intermedio tra la descrizione stori-
ca e la piena comprensione razionale dei fenomeni. È la scuola veneta, dun-
que, a suscitare in Foscolo sia il suo primo interesse per la filosofia vichiana e
per la poesia come strumento di indagine delle epoche più remote della sto-
ria, per i caratteri originari dell’umanità (scoprendo la poesia nella sua funzio-
ne politica di indagine intorno alla psicologia di un popolo), sia una concezio-
ne della poesia come mediatrice tra i dati dell’esperienza e le speculazioni di
tipo logico-metafisico. Dunque l’apprendistato politico e il «noviziato poeti-
co» foscoliano sono compiuti anche attraverso Vico e il vichismo, nonché at-
traverso il dibattito nordeuropeo sul mito, che avrebbe poi orientato la sua ri-
flessione futura. Ed infatti proprio a partire dal capitolo VI, «Foscolo tra Plu-
tarco e Vico», Del Vento mostra chiaramente come il tema della progressiva
storicizzazione del mondo antico, che trova il suo punto d’avvio nel
Proemio