RECENSIONI
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uguale a se stessa in ogni epoca, nello spirito e nel metodo, ma nelle forme
storiche concrete che assume nel tempo è sempre diversa, perché risponde a
bisogni e a costrizioni che non sono mai gli stessi, ma dipendono, dirà Fosco-
lo nel
Commento alla ‘Chioma di Berenice’
, dalle ‘passioni della società’»
(p. 186). Ed è la lezione vichiana ad assumere nel
Commento
una forma origi-
nale, in quanto essa è intesa come indirizzata alla creazione di una coscienza
nazionale. Qui il discorso si interseca in molti luoghi con Cuoco e con Monti,
in particolare circa gli avvenimenti che si successero nella Milano del 1803
(l’anno dell’oramai molto studiato
affaire
Ceroni), che segna la crisi istituzio-
nale seguita alla sconfitta del partito unitario a Milano. Il commento alle satire
di Persio (1803) di Vincenzo Monti (puntualmente recensito da Cuoco sul
«Giornale Italiano») è inteso da Foscolo come l’ultimo tributo offerto al par-
tito unitario, dal quale proprio Monti avrebbe cominciato a prendere le di-
stanze per confluire nella linea politica di riforme e di stabilizzazione promos-
sa da Francesco Melzi d’Eril, il vicepresidente dalla Repubblica Cisalpina che
operava in maggiore sintonia con Napoleone Bonaparte e che in quegli anni si
sforzava di separare tra di loro i membri del partito unitario per favorire così
il loro indebolimento disarticolandone la prospettiva politica (cfr. la citazione
della lettera di Melzi del 15 luglio 1802, p. 156).
Monti, dunque, incontrandosi con Cuoco, riduce le aspirazioni politiche
dei patrioti alla rivendicazione del primato italiano nelle lettere e nelle scienze
(p. 197), anche se va ricordato che per molti altri critici proprio quest’opera
montiana è da intendersi come il maggiore tributo al giacobinismo re-
pubblicano. Adottando una formulazione schematica, si può qui concludere
notando come, a partire dal noto
Commento alla «Chioma di Berenice»
(pub-
blicato nel 1803), Foscolo, schierandosi in aperta opposizione al regime di
Bonaparte, si allontana definitivamente anche dal suo amico Monti e da
Cuoco (che aveva edito il primo volume del
Platone in Italia
), i quali erano
promotori di una linea politica più vicina a quella portata avanti da Melzi
d’Eril. A conforto di questa tesi, Del Vento avvicina l’attività giornalistica fo-
scoliana a quella cuochiana, dunque confronta l’azione svolta dal poeta attra-
verso la breve esperienza del «Diario Italiano» con quella, di più ampio respi-
ro del «Giornale Italiano», dove il punto principale di discrimine è colto nel
sostanziale atteggiamento antibonapartista del primo, come dimostra tra l’al-
tro anche il rapporto intessuto in quel periodo con Pierre-Louis Ginguené, il
noto studioso francese di letteratura italiana tra i promotori della «Décade
Philosophique», messo ai margini dalla politica culturale napoleonica. Dun-
que una diversa opzione politica che nasceva però all’interno di una comune
esigenza, quella di ricostruire una linea di tradizione culturale nella quale mol-