AVVISATORE BIBLIOGRAFICO
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del vero metodo geometrico, nella
Ratio
studiorum
le considera due metodi di-
stinti […], dei quali però», se non si vuo-
le incorrere nell’artificiosità propria del
modello educativo di stampo cartesiano,
va riconosciuta «la reciproca coapparte-
nenza» (p. 550), senza dimenticare l’as-
sunto didattico vichiano secondo cui «la
dottrina della topica deve precedere
quella della critica» (
ibid
.).
[R. D.]
31. L
IBERACE
Paola, Heidegger,
Vico
e la sapienza poet
ica, in «Ideazione» XIV
(2007) 1, pp. 170-174.
Partendo dal libro curato da Antonio
Gnoli e Franco Volpi, intitolato
L’ultimo
sciamano. Conversazioni con Heidegger
,
che raccoglie testimonianze sull’autore di
Essere e tempo
di prestigiosi allievi e udi-
tori (da Löwith a Nolte; da Gadamer a
Jünger), l’A. si concentra sulle virtù scia-
maniche del filosofo tedesco, sopranno-
minato il «mago di Meßkirch» per la sua
capacità nel corso delle lezioni di affasci-
nare ed incantatore il proprio pubblico.
Escluso che Heidegger potesse ser-
virsi di espedienti linguistici per meri in-
tenti affabulatori, si deve invece affer-
mare – secondo l’A. – che la forzatura
della sintassi orale e scritta, l’adozione
della parola inusitata erano gli strumenti
adeguati di un pensiero che, costruitosi
entro l’alveo del neokantismo rickertiano
e poi della fenomenologia husserliana,
stava perpetrando un distacco dalle pro-
prie origini per imboccare una propria
via originale di pensiero che richiedeva la
creazione di una nuova terminologia.
E qui si pone il punto di contatto con
le posizioni vichiane: così come per il
pensatore napoletano la parola dei primi-
tivi non poteva non essere metaforica, in
quanto corrispondente allo stadio auro-
rale dell’umanità civile, così Heidegger,
«come i primi poeti-teologi», fa ricorso
ad un linguaggio poetico inconsueto,
poiché si trovava «di fronte all’esigenza
di inaugurare una visione della realtà e
dell’uomo al suo inizio» (p. 173).
[R. D.]
32.
L
IMONE
Giuseppe,
Dal giusnatu-
ralismo al giuspersonalismo. Alla frontiera
geoculturale della persona come bene
comune
, Napoli, Graf, 2005, pp. 135.
Orientato su temi e problemi della
cultura giuridica contemporanea, lo stu-
dio esamina la questione del diritto fon-
dato sulla
persona
e su un rinnovato con-
cetto di
bene comune
che, a giudizio di
Limone può «rappresentare, oggi, la
nuova frontiera geo-culturale del piane-
ta» (p. 12). In essa vanno sistemate le tesi
fra «giusnaturalismo e giuspositivismo»
(pp. 49 sgg.), le voci più in sintonia e
quelle più distanti (da Kelsen a Hart, da
Dworkin e Dahrendorf a Habermas e
Weber, pp. 54 sgg.). Ma prima di tutti
c’è Vico, lettore e studioso di Grozio, co-
me hanno documentano, tra gli altri, i
ben noti studi di Fassò. Da questi l’A. av-
via una riflessione che parte proprio ri-
proponendo la complicata «compatibili-
tà» del rapporto con il filologo e filosofo
olandese. Si tratta di quella che viene in-
dicata come «una sfida ermeneutica» fra
«vantaggi e danni della ‘storia’» (p. 19),
letta alla luce di esigenze teoriche provo-
cate dalla
Gestaltphilosophie
(p. 20), dal-
la storia della logica e della filosofia del
linguaggio con Austin, dall’ermeneutica
contemporanea con Gadamer (p. 21). Al-
l’interno di tali coordinate culturali si si-
tua, dunque, la «possibile storia erme-
neutica nel rapporto fra Grozio e Vico»