FABRIZIO LOMONACO
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si rivelano interessati a teorizzare la moderna «metafisica della mente»
di spaventiana memoria, ma si distinguono quando si tratta di coglierla
sul piano
individuale
e
collettivo
:
Vico descriv[e] lo sviluppo della Psiche umana in quanto si rivela nella
storia, doveché il Kant ne disegna il processo in quanto si aggruppa nella
coscienza individua. Imperocché Kant vide la insufficienza della filosofia
sperimentale […] Vico, invece, appigliossi allo stesso partito nella
spiegazione della storia […].
Qui, prima della svolta teorica, annunciata nella prolusione pisana
del 1876 su
idealismo
e
positivismo
, è deciso l’approfondimento di
temi che investono direttamente la questione dell’identità di
storia
e
filosofia
, teorizzata dall’idealismo:
I due fattori della scienza nuova sono adunque ragione ed autorità
[…]. Se non che questi due elementi già belli ed apparecchiati giacevano
prima di lui sconnessi, anzi stimati inconciliabili. La filosofia procedeva
per astrazioni, e […] poco badava al corso storico degli umani eventi;
mentre dall’altra parte la storia […] o non curava i processi ideali, o
trascorrendo più in là li metteva in derisione; ed entrambe scapitavano, la
prima mancando di riprova, la seconda di ragionevolezza e di legame
24
.
24
F. F
IORENTINO
,
Lettere sovra la
Scienza nuova, cit., pp. 183, 181, 180, 170, 171.
Il vero positivismo è l’«idealismo», depurato dalle astrattezze dei «noiosi e pappagalle-
schi ripetitori dell’Hegel»; sono due facce di un «sistema» più ampio che si può chia-
mare «monismo», una vera e propria filosofia dell’immanenza opposta a ogni assoluto
fuori del tempo: «L’Idealismo può essere vuoto, il Positivismo può essere cieco, se
scompagnati l’uno dall’altro […]. Il vero Idealismo non deve trascurare né i risultati
delle scienze positive, né la storia; ed il vero Positivismo dee ricordare, che tra i fatti il
massimo è il pensiero umano». Ritorna anche in tale contesto una lezione di metodo
storiografico ispirata a Vico e messa in luce, nel 1925, dall’interprete di Fiorentino che
traduce il rapporto tra i «fatti» e le «idee» in quello tra storia
interna
ed
esterna
alle
origini del concreto sapere storiografico: «Nelle nostre lezioni adunque noi seguiremo
costantemente questa via, d’ingegnarci, cioè, a mostrare nelle nostre idee non solo il
processo interiore, mercé cui si sono elaborate nella coscienza subbiettiva; ma ancora
il processo storico, col quale esse sono comparse nella umanità […]. Così se non po-
tremo applicare alla nostra scienza il metodo identico delle scienze positive, le appli-
cheremo quello che più gli rassomiglia, e che noi diciamo il
metodo storico.
Storico,
ben inteso, nel doppio senso, in cui l’abbiamo descritto, e senza rinunziare al bisogno
dell’unità, ch’è […] indispensabile» (I
D
.,
Positivismo e idealismo
[1876], poi in
Ritratti
storici…
, cit., pp. 14, 15, 20, 21, 22). Sull’unità e distinzione di storia
interna
ed
esterna
della filosofia in Fiorentino, cfr. L. M
ALUSA
,
La storiografia filosofica italiana nella
seconda metà dell’Ottocento
, cit., pp. 217 sgg.
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