AVVISATORE BIBLIOGRAFICO
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53.
V
ICO
Giambattista,
Autobiogra-
fia. Poesie. Scienza nuova
, Milano, Gar-
zanti, 2006, pp. LXXX-601.
54. V
ICO
Giambattista,
Ciencia nueva
,
traducción y notas de R. de la Villa, pró-
logo de J. M. Romay, introducción de L.
Pompa, Madrid, Tecnos, 2006, pp. 872.
Si tratta di una nuova edizione della
traduzione della
Scienza nuova
1744 già
pubblicata presso la stessa casa editrice nel
1995, ora in un diverso formato nella colla-
na «Clásicos del pensamiento». Dell’edi-
zione precedente conserva la traduzione, le
note e la «Nota sulla traduzione», con i
suoi aspetti positivi ma anche con gli stessi
errori, la stessa scarna cronologia e la man-
canza di riferimento a un testo di base.
Per quanto riguarda l’apparato bi-
bliografico, i curatori aggiungono nuovi
titoli per completarlo fino al 1995, ma
l’integrazione si riduce a un numero limi-
tato di articoli poco significativi in lingua
inglese, mentre vengono incomprensibil-
mente ignorate le edizioni in castigliano
delle opere di Vico fino ad allora com-
parse, né si dà conto di importanti con-
tributi italiani, francesi, tedeschi o spa-
gnoli di questi anni. Manca peraltro ogni
riferimento al Centro di Studi Vichiani e
al suo «Bollettino».
Le novità di questa edizione sono co-
stituite da un
Prologo
di J. M. Romay e da
una
Introduzione
di Leon Pompa; ma si
tratta di novità che pregiudicano, e non
migliorano la presentazione dell’opera.
Come spiega lo stesso Romay, il
Prolo-
go
non è altro che un riassunto del saggio
Vico e Herder
di Isaiah Berlin del 1976, a
cui vengono aggiunte due pagine di
Moisés Gonzáles pubblicate in un
Diccio-
nario de sociología
, altre due pagine tratte
dal volume
Del amanecer a la decadencia
di J. Barzun (Madrid, Taurus, 2001), e sei
pagine di
¿Hacia el fin de lo humano?
Auge y declive de la especie
, di J. L. Beltrán
(Madrid, Biblioteca nueva, 1998). Con
queste premesse c’era poco da aspettarsi,
come in effetti possiamo constatare. Ser-
virsi infatti in questo contesto del saggio di
Berlin per presentare Vico (peraltro di-
menticando la produzione successiva dello
studioso inglese) significa ignorare la co-
piosa produzione di scritti su Vico degli ul-
timi trent’anni, nonché l’articolato e mul-
tiforme dibattito contemporaneo sulla sua
opera. Si tratta di una colpevole ignoranza,
tanto più che una rivista accessibile come i
«Cuadernos sobre Vico» avrebbero potuto
colmare le lacune di informazione.
Nel riassunto (mal commentato) del
saggio di Berlin, posto arbitariamente co-
me prologo alla
Scienza nuova
1744, non
può sfuggire la ripetizione di vecchi luo-
ghi comuni sull’emarginazione e l’incom-
prensione subita da Vico e sul suo stile
‘oscuro’, confuso, disordinato e intricato.
Viene ostentato perfino il giudizio ardito
e errato di Barzun secondo cui Vico fu
riconosciuto solo nel XIX secolo, per af-
fermare infine che «oggi» è quasi impos-
sibile trovare qualcuno che abbia letto
realmente la
Scienza nuova
o l’
Autobio-
grafia
(p. XXII).
Non mancano nemmeno errori gravi.
Risulterebbe che il
De nostri temporis stu-
diorum ratione
sia stato pubblicato come
parte del volume
De studiorum finibus na-
turae humanae convenientibus
che com-
prenderebbe le prime sei
Orazioni inaugu-
rali
– progetto che, come è noto, Vico non
ha mai realizzato. Per quanto riguarda le
altre opere di Vico, dal
Diritto universale
si passa direttamente a «Una
Scienza nuo-
va prima
che venne ritirata dalle stampe
nel 1729 [sic]», riferendosi evidentemente
alle vicende della
Scienza nuova
1730,
mentre la
Scienza nuova
Prima aveva visto
la luce nel 1725 (p. XIX). Ma risulta ol-
tremodo incomprensibile un errore che
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