GLI STUDI VICHIANI DI EUGENIO GARIN
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faceva criticamente i conti con tutta una vetusta tradizione fondata sul-
la concezione ‘metastorica’, ‘metaempirica’, ‘inseistica’ (e ‘sistematica’)
della filosofia, fondata sulle nozioni della sua assolutezza, unità, siste-
maticità, continuità (dei suoi ‘problemi perenni’, etc.): una concezione
entro la quale avevano finito con il collocarsi direttrici essenziali della
riflessione neoidealistica italiana, e segnatamente quella gentiliana, con
le quali chiaramente anche Garin fin da principio aveva dovuto con-
frontarsi, prendere, più o meno esplicitamente, posizione
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.
E qui mi pare che sia conveniente continuare le pagine di ‘prologo’ di
questo testo dedicate ad una minima riflessione sui caratteri salienti delle
posizioni ‘teorico-metodologiche’ (difficilmente distinguibili da quelle
‘filosofiche’…) del maestro italiano degli studi umanistico-rinascimentali,
nel confronto in primo luogo con le concezioni (e con le posizioni storio-
grafiche su Vico) dei grandi protagonisti della cultura neoidealistica:
caratteri ed elementi di confronto senza tenere presenti i quali non è pos-
sibile davvero intendere significati e portata dei contributi gariniani su
Vico e sulla cultura meridionale tra Seicento e Settecento.
2. Per chi conosca vicende basilari, e magari anche ‘cronache’, della
cultura filosofica del Novecento italiano, ed entro di esse sia appena al
corrente della vicenda della ricerca di Garin, è chiaro che il modello
teorico-storiografico ‘neoidealistico’, ed in particolare quello imperso-
nato da Giovanni Gentile, non potè non essere quello principale con il
quale quella ricerca ebbe a confrontarsi subito e fare i conti, per affer-
consentito di rimandare a mie pagine in tema degli approcci ai problemi della ‘natura’
del sapere filosofico nei due autori, che si leggono in specie in un saggio dal titolo
La
«tensione all’universale» nel pensiero. Storia del pensiero filosofico e storia delle idee in
Piovani
, in «Archivio di Storia della Cultura» XIV (2001), pp. 117-157: saggio che si leg-
ge ora nel mio recente libro
Storia ed eredità della coscienza storica moderna. Tra origini
dello storicismo e riflessione sulla conoscenza storica nel secondo Novecento
, Napoli, 2007.
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L’‘unità’ della quale si parlava era quella «presupposta, fondamentale, basata sul si-
gnificato
eterno
della Filosofia, su una sua pretesa definizione univoca» (E.
G
ARIN
,
L’«unità» nella storiografia filosofica
, in I
D
.,
La filosofia come sapere storico
, Bari, 1959,
p. 15; il saggio era già apparso in «Rivista critica di Storia della Filosofia» XI (1956), pp.
206-217). Quanto alla ricercata ‘sistematicità’, essa facilmente veniva ricondotta, aposte-
rioricamente, ad una ben determinata filosofia. Lo stesso Gentile «vedeva molto chiara-
mente che quella unità, che dal frammento permetteva di ricostruire il sistema, e dal si-
stema
tutta
la filosofia, non era altro che articolazione di idee interna a quella unica e sola
filosofia, che era poi la sua filosofia, in cui si attuava l’umanità, anzi la realtà intera: ‘non
l’attività effimera di una persona empirica, ma l’eterna attività dello spirito’» (pp. 19-20).
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