MODELLI POLITICI EUROPEI E ‘BARBARIE’ TURCA.
IL PENSIERO MODERNO TRA CONFRONTI
E LUOGHI COMUNI
Ricorrente, ma di una ricorrenza avara, quasi sempre sprezzante e
velocemente liquidatoria: questa la presenza dei Turchi nella letteratu-
ra politica, e non solo, del pensiero moderno; a fronte, invece, di
un’ampia letteratura storico-ricostruttiva, dedicata ai Turchi e all’im-
pero ottomano. Ma non è questa seconda presenza ad interessarci qui,
se non come fonte possibile della prima; non è, insomma, l’indagine
storica, più o meno attendibile, ad interessarci, quanto la ricaduta teo-
rica dell’evento che pure a quella generosa produzione storica diede la
stura: la presa di Costantinopoli nel 1453 da parte di Maometto II, sul-
tano ottomano. Evento che segna l’inizio di quella che si configurerà
nel corso del Cinquecento e oltre come una delle grandi potenze medi-
terranee. L’impero ottomano è insomma realtà politica tutta moderna,
che accompagna e ‘fronteggia’ il farsi dell’Europa moderna, che la mi-
naccia, non tanto e non solo concretamente – due gli attacchi a Vien-
na, uno nel 1529, l’altro nel 1683 – ma per la prossimità, l’estensione e
la potenza uniti ad una radicale distanza ed estraneità. Tale distanza
non è fondata essenzialmente sulla religione ‘altra’, degli infedeli,
dell’Islam, pur se questo rimane un fattore naturalmente alieno; piut-
tosto, è la realtà politica e ‘culturale’ nella sua specificità a costituire un
exemplum
inquietante e diverso, che si affianca molto spesso agli
exem-
pla
dell’antichità – Roma, Sparta, Atene – remoti, ma tanto più prossi-
mi e ancora paradigmatici, cui largamente si attinge nel corso di tutta
la modernità. I Turchi, in tali contesti, rappresentano la breve irruzio-
ne del presente, dell’attualità, dell’oggi e, per questo, non guadagnano
mai ampio spazio di riflessione. Emblematica in questo senso già una
pagina dei
Saggi
di Montaigne; nell’ambito di un discorso che assume
Atene e Sparta a paradigmi, l’una di un’educazione tutta tesa alle arti
sofistiche delle parole, l’altra di un’educazione che mirava invece alle
cose, all’anima, e che contribuì alla durata e alla potenza dello Stato, si
riporta un’ulteriore testimonianza: