MODELLI POLITICI EUROPEI E ‘BARBARIE’ TURCA
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nostro parere, non risiede tanto nei fattori esterni indicati come ‘so-
stegno’ della sopravvivenza dell’impero turco; di queste indicazioni Vi-
co era infatti debitore a letture che circolavano da tempo. In partico-
lare va ricordato che la ‘leggenda’ di un monaco cristiano, Sergio, che
avrebbe aiutato Maometto nella stesura del
Corano
, era stata molto
diffusa; vi si era affiancata, e in qualche caso sovrapposta, quella di
Sergio collaboratore nella formulazione delle leggi, per la presunta
coincidenza, in Turchia, tra leggi civili e leggi divine. Ancora Ricaut ne
era convinto assertore: «ognuno sa» – dichiarava infatti – «che le leggi
dei Turchi sono state compilate da Maometto con l’aiuto del monaco
Sergio»
42
. Ciò che è tutto sommato originale è innanzitutto non fer-
marsi davanti alla paradossalità costituita dal ‘caso’ turco, lasciandolo
ai margini di una prospettiva di civilizzazione progressiva, ma reinse-
rirvelo comunque, con l’ipotesi, certo fantasiosa, di sostegni esterni
che nel corso del tempo, a più riprese, provengono dalle civiltà più
evolute, d’Oriente e d’Occidente, e vi si trasfondono
43
.
Nella
Scienza nuova
, com’è noto, il «corso delle nazioni» è seguito fino
alle soglie dell’
oggi
, tempo in cui
42
R
ICAUT
,
op. cit.
, p. 134. Voltaire nell’
Essai
naturalmente ironizzava sulla ‘diceria’
del monaco Sergio coautore del Corano: «è chiaro […] che i capitoli del Corano
furono scritti quando se ne presentava l’occasione, durante i viaggi di Maometto, o
durante le sue spedizioni militari. Portava sempre con sé questo monaco?» (V
OLTAIRE
,
Essai sur le moeurs
, cit., p. 270; tr. it. Milano-Novara, 1966, p. 273). Per le fonti possi-
bili di Vico su questo tema rimandiamo al commentario di Visconti, pp. 241-242 e
all’articolo di Garzya, il quale ritiene molto probabile, tra l’altro, che Vico abbia
conosciuto il testo di Ricaut (cfr. G
ARZYA
,
op. cit.
, p. 141).
43
Dei Turchi Vico dovette ancora occuparsi quando stese la biografia di Antonio
Carafa, militare al servizio del trono austriaco che sventò, tra l’altro, l’attacco turco a
Vienna nel 1683. Testo di ricostruzione storica minuziosa, il
De rebus gestis Antonj Cara-
phaei
dedica più di una pagina a costumi, istituzioni, ‘natura’ dei Turchi. Vi si ribadisce
l’idea che il loro Impero non sia sorto e non si conservi «per forza propria», e ci si
diffonde su tutti gli aspetti deteriori che abbiamo visto attribuiti ai Turchi da una lunga
tradizione; quindi il governo tirannico e arbitrario, la servitù del popolo, la feroce roz-
zezza e la corruzione dei costumi, l’estrema militarizzazione dello Stato, il disprezzo dello
jus gentium
, l’assenza di distinzioni di classe e di diritti ereditari, la pace fittizia fondata
sulla repressione e sulla paura. Del resto, questa rappresentazione andava ad inserirsi nel
racconto di uno degli episodi più drammatici della storia europea, quello dell’assedio a
Vienna, dunque alle porte dell’Europa ‘civile’. I Turchi non potevano che avere, nemici
quanto mai prossimi e minacciosi, le fosche sembianze di sempre. Cfr. G. B. V
ICO
,
Le
gesta di Antonio Carafa
, a cura di M. Sanna, Napoli, 1997, pp. 321 e 369-376.