GLI STUDI VICHIANI DI EUGENIO GARIN
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come sapere storico», e di una storia ‘non-unitaria’ e ‘non-sistematica’
della filosofia, fu e si confermò Giovanni Gentile, con la sua assillante
ricerca dell’unità dell’attività filosofica
11
. Erano in gioco, anzi in urto –
diceva Garin negli anni ’50, fedele al suo precoce ‘antignoseologismo’ –
ben al di là di due concezioni del sapere storico-filosofico, «due concetti
irriducibili, non solo del filosofare, ma della posizione e del significato di
ogni attività umana: e di essi l’uno si aggrappa all’idea di una realtà che
sia fondamento e principio, nella
scoperta
e nella
contemplazione
di esso
[…]. L’altro modo di concepire, invece, trova il senso dell’esistenza nel-
le sue realizzazioni, e il significato di queste va ricercando, non in un
me-
tro
fissato
a priori
, ma nel loro operare in realizzazioni sempre nuove: il
significato della storia della filosofia, non in una filosofia preesistente,
concepita come ‘sapere assoluto’, e come giudice giudicante, ma nell’ap-
porto che la ‘memoria’ illuminata del passato reca alla comprensione del
presente, per la costruzione di un futuro…»
12
.
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Il Gentile che – in pagine notissime – aveva indicato il necessario carattere di
«intolleranza» della «logica», e quindi anche dello «storico» della filosofia, intimando
che «chi fa la storia della filosofia, deve sapere che cosa è la filosofia, di cui vuol fare
storia: deve saperlo in modo da averne determinato un concetto unico. Non è possi-
bile pensare, che ci siano più concetti diversi della filosofia, e scriverne una storia; per-
ché dati più concetti, tra loro diversi, si danno più realtà, più filosofie, tra loro diverse;
e la storia dell’una escluderà da sé la storia d’ogni altra […]. Non è possibile mai filo-
sofia che non sia una filosofia; né storia, che non sia di una filosofia» (G. G
ENTILE
,
Il
concetto di storia della filosofia
, prolusione palermitana del 1907 poi, come è noto, ri-
fluita ne
La riforma della dialettica hegeliana e la rinascita dell’idealismo
, opera che cito
dall’edizione – curata proprio da Eugenio Garin, con un’eloquente selezione antolo-
gica – di I
D
.,
Opere filosofiche
, Milano, 1991, p. 269. Per le vicende editoriali di quel
testo si veda la relativa
Nota introduttiva
di Garin, pp. 237 sgg). A tale concezione del-
la filosofia Garin ne opponeva una ‘pluralistica’, diretta a seguire «orientamenti, dire-
zioni, interpretazioni diverse dell’esigenza della filosofia», non riducibili all’unità del
«problema
unico
, dell’oggetto
unico
», che si vorrebbe non si sa come conciliabile «con
le molte soluzioni»: laddove «nell’unità ovunque trionfante sembra annullarsi il con-
cetto stesso di storia» (E. G
ARIN
,
Osservazioni preliminari a una storia della filosofia
, in
La filosofia come sapere storico
, cit., p. 69. Il saggio era già stato pubblicato nel «Gior-
nale critico della filosofia italiana» XXXVIII, 1959, pp. 1-55).
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Ivi, pp. 61-62. Dall’accento posto sul plurale e sul mutevole veniva la lezione di
metodo del guardarsi dalla falsa perennità, o già solo continuità, di temi, idee: una le-
zione particolarmente tenuta presente dallo stesso Garin ragionando di Vico e degli
antecedenti di suoi temi e concetti. «Nulla di più equivoco, o di più insidioso, del ri-
torno di temi o motivi apparentemente uguali, ma che assumono significati molto di-
versi in contesti diversi […]. Le
idee
non si possono staccare, quasi fossero dotate di
una loro vita autonoma, dalle situazioni, ossia dalla realtà degli uomini che le formula-