GLI STUDI VICHIANI DI EUGENIO GARIN
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condivisa sulla scorta di una concezione del compito non separato de-
gli intellettuali, della stessa filosofia, la quale
deve
tornare alla concreta
immediatezza della ‘vita’. Analoga, infine, sia pure entro forti limiti,
anche per qualche aspetto di ‘contenuto’, come in ultimo la sostanza
‘umanistica’ della tradizione italiana, sui quali si dovrà tornare.
Il terreno sul quale l’abbandono del modello speculativo neoideali-
stico doveva comunque risultare cruciale, ma anche non poco compli-
cato, era quello della concezione (gentiliana, ma in larga misura anche
crociana) del rapporto tra ‘filosofia’ e ‘cultura’. Su ciò occorre ancora
spendere qualche parola, anche perché forse ancor più su tale terreno
la posizione di Gentile si era fatta più imperiosa ma al tempo stesso
complicata fino all’intima contraddittorietà (con conseguenze anche
sul giudizio sul pensiero di Vico).
Alla radice di tali elementi di difficoltà, fino alla contraddittorietà,
stavano, credo che si possa dire, due opposte movenze nella considera-
zione della ‘filosofia’ e di quel ‘resto’, il resto delle ‘forme storiche’,
che è in primo luogo la ‘cultura’. Due movenze generate per corrispon-
dere al duplice ‘esigenzialismo’ dello ‘spiritualismo’ della filosofia neo-
idealistica, specie gentiliana, esigente insieme dallo spirito ‘pura’ altez-
za spirituale e ‘impura’ vitalità: e dunque esse stesse generate (a fare
proprio il linguaggio neoidealistico…) l’una in una più ‘spiritualistica’
sfera logico-speculativa dell’attività spirituale, l’altra in una sfera se-
gnata dalle esigenze della prassi.
Già quel ‘resto’ andava indagato per un duplice motivo: per un’in-
trinseca ragione speculativa, essendo il necessario momento a partire
dal quale dialetticamente si dà l’esperienza del pensiero filosofico,
quindi lo sfondo su cui si staglia per lo storico della storia speculativa
della filosofia «la costruzione logica del sistema»; ma anche, per quan-
to riguardava in particolare la storia nazionale italiana, per il motivo di
assolvere al compito di riprenderne, innanzitutto ripensandole, tradi-
zioni altrimenti destinate ad esser perdute ‘spezzate’
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Tale compito era stato trascurato da Spaventa nel suo ‘modello’ – disdegnoso del-
l’‘accidentale’ – di storia speculativa della filosofia e di storia nazionale. Invece bene ave-
va cominciato a rispondere ad esso Gentile, dichiarava convintamente Croce nel recen-
sire nel 1899 il suo
Rosmini e Gioberti
, in «Rassegna critica della letteratura italiana» IV
(1899), pp. 79-93, poi in
Pagine sparse
, Napoli, 1943, vol. I, in partic. pp. 30, 33.
In tema di relazioni tra ‘filosofia’ e ‘cultura’ nella prospettiva del neoidealismo cro-
ciano e gentiliano, e di ‘tradizione filosofica italiana’ e di ‘tradizione filosofica meridio-
nale’, che pure si avrà modo
di richiamare, mi riallaccio qui, riprendendone alcune