NOTE SU
CENNI E VOCI. SAGGI DI SEMATOLOGIA VICHIANA
DI JÜRGEN TRABANT
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corporeità al pensiero, quel corpo, cioè, che la filosofia di Vico, poiché
ha sviluppato le sue categorie al di fuori del
mainstream
illuministico,
ha interpretato, prendendo partito, come ho già sottolineato più volte,
appassionatamente
per Bacone e non per Cartesio. Quella corporeità
che oggi è divenuta
das Wahre, das Schoene, das Gute
è concettualmen-
te erede della
res extensa
e cioè erede del
mainstream
illuministico.
Con tale concezione della corporeità ancora oggi, io credo, dobbiamo
confrontarci filosoficamente e criticamente nei differenti ambiti specia-
listici in cui, pur con tutte le trasformazioni che le sono state necessarie
per giungere fino a noi in buona salute, è annidata. Ciò che deve oggi
essere difeso sia contro il virtuale (la nuova versione dello spirituali-
smo) che contro il corporismo (la nuova versione del corpo solo
esteso
)
è dunque – come ai tempi di Vico – un corpo che possiede facoltà sen-
sibili e mentali. Vico, contro ogni disincarnato spiritualismo, esoteri-
smo e cattiva metafisica, ci ha indicato anche la via più produttiva per
difendere, oltre che il corpo animato, anche, come ha scritto Trabant,
la corporeità del pensiero
. La lezione di Vico ci insegna che per vedere
nel corpo qualcosa di più che semplice
estensione
non si deve necessa-
riamente voltare le spalle alla scienza e alla razionalità
forte
che essa
utilizza. Come fra il Seicento e il Settecento, soprattutto grazie a Vico,
la filosofia di Cartesio non è stata l’unica alternativa al materialismo ri-
duzionista e allo spiritualismo, anche oggi difendere le ragioni di un
corpo animato e fornito di intelligenza e quelle della corporeità del
pensiero è possibile senza che sia necessario scegliere fra il riduzioni-
smo materialistico e il voltare le spalle alla razionalità scientifica. Per
evitare di rimanere imprigionati in tale alternativa, la filosofia di Vico
ci mette a disposizione categorie filosofiche ancora rilevanti, categorie
filosofiche che devono però essere riesaminate e riarticolate adeguata-
mente per poter essere utilizzate nella discussione contemporanea. Il
nostro lavoro di questi anni ha avuto questo segno. L’attenzione rivolta
alla
immaginazione
, intesa vichianamente (ma anche aristotelicamente)
come facoltà fisica e mentale insieme, l’insistenza sulla centralità della
poesia
in ambiti di pensiero quali l’antropologia filosofica, la filosofia
della mente, l’etica e la storia, dai quali essa – per quella tradizione
filosofica che si riconosce come erede del
mainstream
illuministico – do-
veva essere espulsa per non inficiare la purezza della mente sulla quale
quelle discipline filosofiche dovevano costituirsi, non deve essere scam-
biata per il tentativo di contrapporre alle ragioni della razionalità quelle
di un pathos retorico e vuoto. Il
sapere poetico
è una teoria filosofica e