RECENSIONI
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dalla scoperta della circolazione del sangue, una scoperta sconvolgente ed
epocale che risale al 1623, dovuta al medico inglese William Harvey. Per que-
sto paragona le degnità, ossia gli assiomi, i princìpi generali, al sangue che cir-
cola in un corpo e che pulsa in certe sue parti, facendo sentire con il loro rie-
mergere i battiti del cuore anche alle periferie di questo corpo. Se dunque
l’intera
Scienza nuova
è come un organismo, la parte dedicata alla discoverta
del vero Omero ne è il cuore, non solo perché è al centro dell’opera, ma an-
che perché l’
opus maius
vichiano ha una struttura che si può paragonare al
movimento delle sistoli e delle diastoli cardiache, essendo organizzata come
una serie di contrazioni e dilatazioni che si alternano. In questo senso la parte
sulla «Discoverta del vero Omero» è la contrazione o sistole della parte che la
precede, ossia il libro II sulla «Sapienza poetica», che da solo occupa più dei
due terzi dell’intero testo.
Quindi per ricorrere a una figura retorica si può affermare che la «Disco-
verta del vero Omero» edita oggi da Cristofolini è una sineddoche dell’intera
Scienza nuova
, ossia una parte molto rappresentativa, forse la più rappresenta-
tiva di tutta l’opera, racchiudente una serie molto ricca di aspetti antropolo-
gici, estetici e in senso lato culturali. Naturalmente se questo avviene il merito
è di Vico, ma anche del suo curatore, che riesce a introdurre un altro vettore,
quasi mai toccato dalla critica vichiana, quello della presenza occulta di Gian-
vincenzo Gravina, figura di spicco nella Napoli di primo Settecento, da Vico
citato in modo occasionale e marginale nell’autobiografia, ma poi mai più no-
minato nelle tre versioni della
Scienza nuova
, sottintendendo un’avvenuta di-
stanza di posizioni. In effetti sulla figura di Omero le divergenze tra i due non
potrebbero essere maggiori. Per Gravina, fedele a una visione intellettualistica
e riflessa della poesia, Omero è dotato di «sapienza riposta», mentre, per im-
piegare la formula della
Scienza nuova
, per Vico quella di Omero è una «sa-
pienza volgare», ossia non dotta, non erudita, non raffinata, ma istintiva. Cri-
stofolini ipotizza che il sintagma «sapienza riposta» derivi a Vico proprio da
Gravina (p. 7). In realtà è più plausibile che, come formula che significa un
sapere riflesso non necessariamente riferibile a Omero, ma in generale, risalga
a tempi più remoti, trovandosi per esempio in Ludovico Castelvetro, che nel
secondo Cinquecento fa riferimento a una «dottrina riposta», o a Sforza Pal-
lavicino, che nel Seicento parla di «materia riposta», come si può verificare
ad
vocem
nel
Grande dizionario della letteratura italiana
noto come il Battaglia.
In realtà l’attribuzione è secondaria. Più importante è che Cristofolini
metta in evidenza una duplicità di significati che di solito viene ignorata, co-
me pure la loro diversa ascendenza. «Sapienza riposta» significa un sapere fi-
losofico, una filosofia morale, nell’antichità attribuita a Omero da Diogene
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