RECENSIONI
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Laerzio, che ne riferisce nella
Vita di Pirrone
. L’altra accezione, con cui ‘ripo-
sto’ significa qualcosa di appartato e quindi di occulto, viene a designare un
sapere arcano, esoterico, iniziatico, e risale al Platone del
Cratilo
. Per Cristo-
folini, Gravina intende «sapienza poetica» nel primo significato, ossia di
«gnomica delle favole, di ammaestramenti antichi di vita morale e pratica» (p.
7). Ciò può essere vero se si considera l’opera graviniana a cui fa riferimento
Cristofolini, ossia il trattato
Della ragion poetica
. Ritengo però che al tempo
stesso Gravina abbia anche avuto dei trascorsi nei quali valeva pure per lui la
seconda accezione. Mi riferisco all’
Hydra mystica
, un’opera prodotta da Gra-
vina nel 1691 quando frequentava i cosiddetti ‘luminosi’, ossia i seguaci della
filosofia della luce, una sorta di setta quasi segreta operante a Napoli e ristu-
diata, dopo la riscoperta fattane da Croce, da Nicola Badaloni. In quest’opera
esoterica Gravina riferisce di «arcani divini» e di una conoscenza che nasce da
una luce universale.
Ma di là da questa distinzione relativa alla doppia accezione della sapienza
riposta, resta il fatto che Vico, dopo essere stato anche lui propenso a questa
visione nel
De antiquissima
, la abbandona risolutamente nella
Scienza nuova
.
Nella prima edizione del 1725 Omero però rimane ancora nell’ombra, e op-
portunamente Cristofolini tratta di questa versione solo nella prefazione, co-
me preistoria della scoperta del vero Omero. Il 1725 è però un anno ugual-
mente importante nella storia del pensiero vichiano perché è a questa altezza
che Vico fissa un parallelo tra Omero e Dante, accomunati dall’essere vissuti
in un’età barbara e dall’avere creato una lingua poetica dalla
koiné
delle varie
parlate, in un caso della Grecia, nell’altro dell’Italia. Con l’insistenza sulla
barbarie Vico si distaccava da Gravina, ma al tempo stesso ne accoglieva la
tesi di un lavoro di sintesi dei vari dialetti nazionali. Nel caso di Omero ciò fe-
ce sì che «quasi tutti i popoli della Grecia, ciascuno avvertendovi de’ suoi
natii parlari, ogni uno pretese, essere
Omero
suo cittadino» (
Sn25
, p. 189).
Nell’edizione del 1730 Vico approfondirà la questione citando il libro di
Leone Allacci,
De patria Homeri
, dove l’autore, nativo di Chio, sostiene che
Omero fosse originario di questa isola. In proposito Cristofolini nota che Vi-
co per indicare la patria di Allacci lo definisce «Sciotto» e ipotizza che sia una
«probabile trascrizione fonetica dal francese» (p. 128), avendo tratto la no-
tizia di seconda mano, da un libro francese di Joseph Pitton de Tournefort, di
cui la
Scienza nuova
cita espressamente la
Relation d’un voyage du Levant
. In
realtà l’occorrenza «Scio» è almeno fino ai tempi di Vico la preferita nella
stessa lingua italiana, ed è un esito di
langue
, e non già un idioletto vichiano
suggestionato dal francese. Volendo proprio fare riferimento al
côté
napo-
letano, in una delle lezioni recitate presso l’Accademia di Medinaceli da Gre-
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