RECENSIONI
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da Gravina in quest’opera, ovvero il voler cogliere – tramite un’indagine insie-
me filosofica ed antropologica – l’origine del diritto universale delle genti,
sempre fondato sul necessario controllo da parte della
mens
delle facoltà del
corpo. «Il riferimento alla superiorità della
mens
[…] si carica, nelle
Origines
,
di originali motivazioni, concentrate, innanzitutto, sull’identificazione di
men-
te
e
principio
del moto» (p. XI), moto che diviene in Gravina una delle pro-
prietà essenziali dell’anima, in quanto esso, e solo esso, è in grado di regolare
la nascita, la morte nonché il mutare di ogni cosa, sebbene proprio il moto sia
anche fortemente limitato dalla propria corporeità, che a sua volta dipende
dalla sua stessa condizione che presuppone le nozioni di
quantità
,
solidità
e
fi-
gura
, avulse alla
mens
. Tutto ciò – chiarisce l’A. – se trasposto, come fa Gravi-
na nelle
Origines
, all’ambito giuridico non fa che rispondere all’esigenza «di
accertamento e misurazione dell’azione umana» (p. XII), che chiarisce e pun-
tualizza sempre più quale deve essere il compito del giurista moderno, che
«non è più quello di riproporre leggi o formule già date una volta per tutte,
ma di scoprire le regole dell’agire» (
ibid
.).
Affascinato dai modelli della cultura classico-umanistica, Gravina si avvici-
na allo studio di Descartes preoccupandosi di trovare un ‘punto medio’ tra il
rispetto della tradizione e le nuove esigenze della
ratio
umana. Ecco allora che
egli intende il
cogito
tramite la filosofia platonica e neoplatonica, e si richiama
al «primato della coscienza umana, integrando i motivi ciceroniani e umanisti-
ci che reggono il nesso
conscientia-sapientia
con la
scientia
neoplatonico-ago-
stiniana dell’io interiore, sintesi di valori umani e divini» (
ibid
.).
Tutto ciò emerge bene – fa notare con grande chiarezza Lomonaco – in
apertura dello
Specimen prisci iuris
del 1696, vera e propria sintesi antici-
patrice delle
Origines
, dove Gravina dichiara non solo di individuare nello
stato di natura l’unica forma della condizione umana di assoluta anarchia, ma
riconosce pure il dominio della
mens
sul fatto corporeo e la sua dipendenza
da quella infinita di Dio.
Il fatto che Gravina ammetta la netta supremazia delle facoltà mentali sul
corpo gli consente di partecipare a pieno diritto al dibattito culturale europeo
di fine Seicento sugli aggiornamenti del modello cartesiano. Nell’antropologia
filosofica delle
Origines
, infatti,
la soluzione ‘mentalistica’ individua la propria
fonte ispiratrice in Malebranche, come pure l’interesse nei confronti del filo-
sofo francese giustifica la tensione verso il criterio di verità fondato sull’«oscu-
ra
coscienza
dell’anima» (p. XIII).
Intenzione di Gravina è recuperare il significato morale dell’agire umano
in anni di ‘declino metafisico’. Tuttavia l’ordine che il filosofo persegue non è
né naturale né soprannaturale, bensì civile e strettamente coerente con il suo