RECENSIONI
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del pensiero del filosofo, che si colloca – pure per questo aspetto – come espo-
nente di valori tanto legati alla tradizione quanto tendenti verso l’orizzonte
della modernità. La conferma di quanto ho appena rilevato credo si possa rin-
venire nel giudizio dato da Vico ai cartesiani, ai quali il filosofo napoletano
contesta la possibilità di elaborare una teoria filosofica del diritto attraverso
l’esclusiva guida della ragione astratta dagli ‘affetti’ e dagli ‘interessi’ concreti
del vivere sociale.
Seguono passaggi intensi sul confronto tra Gravina e Vico, oltre che un bel
richiamo a Grozio sui quali voglio, seppure brevemente, soffermarmi. «L’im-
postazione del problema filosofico del diritto mediante la conciliazione o,
meglio, la compenetrazione dell’elemento universale e di quello empirico» –
afferma il curatore del testo – «è l’illuminazione che il giovane Vico delle
Ora-
zioni inaugurali
, interprete critico di Gravina, ha ricevuto o ha creduto di ri-
cevere da Grozio […]. La nuova esigenza vichiana di
ordine
, di normatività non
è ‘naturalistica’ né ‘giusnaturalistica’, […] è […] un’esigenza che non si lascia
reprimere da nessun’altra sovrastante e assolutizzante entità» (pp. XXV-XXVI).
Così come la filosofia vichiana che medita sul diritto cerca di ‘penetrare’ le
nature artefici dell’esperienza giuridica, come anche cerca di stabilire quali
siano le caratteristiche dell’attività umana creatrice di diritto, pure l’indagine
di Gravina, in fondo, sembra non approdare ad una concezione astratta della
realtà, offrendo un pensiero dove domina la presenza dell’azione regolativa
della sapienza razionale e morale. È questa, allora, la lezione antidogmatica –
alla quale poc’anzi facevo riferimento – del suo cartesianesimo neoplatonica-
mente e cristianamente rimeditato per introdurre il problema pedagogico-
politico di possibili strumenti educativi in grado di ripristinare l’equilibrio tra
mens
e
corpus
pure entro i confini del
vulgus
infelice.
Belle, davvero molto belle le considerazioni che seguono, tra le quali trova
ancora spazio il confronto con Hobbes, da cui emerge bene che l’uomo gravi-
niano si realizza nel suo sapere stare in società e nel rifiuto netto del solipsismo.
Di rilievo, poi, anche i passaggi successivi che Lomonaco dedica al tema
della
iustitia
trattata da Gravina in pagine dense e quanto mai attuali. «Solo se
regolata dal criterio del giusto», scrive Lomonaco, «la ricerca dell’interesse e
dell’utile non abbandona gli individui ad un perenne conflitto, caricandosi di
valori radicati nella realtà storica di diversi popoli» (p. XXXIV). Così intesa,
pertanto, la giustizia appare al lettore moderno simile ad un patto che tiene
uniti gli uomini in società.
Nelle
Origines
il compito di disciplinare le azioni in un ordine legalizzato
resta inscritto in un contesto di valori tradizionali, fondati dal punto di vista
filosofico sull’attività della
mens
; il che implica poi il recupero della nozione
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