GLI STUDI VICHIANI DI EUGENIO GARIN
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La seconda movenza è invece quella che richiede alla filosofia di
piegarsi verso la ‘vita’ e ad essa ritornare, facendosi pedagogicamente
maestra di eticità. Con una forma di ‘esigenzialismo’ che altrove ho de-
finito come un paradossale tipo di ‘piagnonismo idealistico’, in tal sen-
so Gentile richiedeva allo stesso tempo alla filosofia di corrispondere
alla sua natura «sopramondana», della quale è propria «la cecità e la
stoltezza per la realtà dei valori empirici», ma anche di corrispondere
al compito di rendersi elevata animazione della vita pratica, scuola di
tensione morale alla quale forgiare gli animi, di produrre cioè quel che
Croce chiamava «vera cultura»
16
.
Non è opportuno riprendere e svolgere tesi attorno al complicato
portato di una simile impostazione: che paradossalmente consentiva più
facilmente di scrivere accurate storie delle tradizioni culturali, ‘regionali’
o ‘nazionali’, piuttosto che storie della speculazione filosofica, difficil-
mente sottratte queste alla totale rarefazione storica del modello spaven-
tiano. Basterà ricordare concisamente quale era il ‘modello’ di storia del
pensiero moderno e di storia del pensiero nazionale rispetto al quale fin
dalle sue prime prove Garin dovette in primo luogo confrontarsi.
Il Rinascimento, come è ben noto, era stato ad un tempo, dialettica-
mente, per un verso, innanzitutto come scuola di libertà spirituale, «il
contributo più originale che l’Italia ha arrecato allo svolgimento uni-
versale dello spirito umano», per altro verso la matrice del suo declino,
del suo scivolare nel «lungo sonno» dei «duri secoli che stanno tra
Machiavelli e l’Alfieri», per l’avere nel suo seno prodotto (con più di
un’eco desanctisiana) la figura dello scettico «letterato», sordo alle voci
di una viva fede che animasse la sua fredda erudizione
17
. Tra Machia-
16
Per le parole citate si veda la conferenza, pubblicata nel 1907,
Giordano Bruno
nella storia della cultura
, poi in G. G
ENTILE
,
Giordano Bruno e il pensiero del Rinasci-
mento
, Firenze, 1920, p. 16. Come è ben noto l’accusa di «piagnonismo», di «savona-
rolismo» storico, Gentile l’aveva rivolta in particolare a Pasquale Villari (e alla sua in-
terpretazione del Rinascimento), specie nei capitoli VIII e IX del suo
Gino Capponi e
la cultura toscana del secolo decimonono
(apparso nel 1916 su «La Critica», e poi riedi-
to nel 1922).
17
I
D
.,
Gino Capponi e la cultura toscana del secolo decimonono
, III ed., Firenze,
1942, in partic. pp. 301-302, 308. Nella su richiamata
Storia della filosofia italiana fino
a L. Valla
– già apparsa in fascicoli tra il 1904 e il 1915, poi divenuta
La filosofia
nella
Storia dei Generi Letterari
pubblicata da Vallardi, poi riedita, proprio a cura di E.
Garin, in G.
G
ENTILE
,
Storia della filosofia italiana
, Firenze, 1969 – si legge:
«L’Umanesimo crea il
letterato
italiano, l’uomo dell’erudizione, della coltura, della raf-
finatezza intellettuale, ma senza una fede, senza un contenuto morale, senza un orien-