RECENSIONI
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ché non li considera propriamente tali, vedendoli in continuità con la Patristi-
ca e quindi con la filosofia platonica. Per Gravina la Scolastica, iniziata con
Abelardo e Porretano, riprende con i commentatori al
Liber sententiarum
di
Pietro Lombardo successivi all’Aquinate. Dal tipo di critica che conduce nel
De sapientia universa
emerge, inoltre, che intende come Scolastici del proprio
tempo i Gesuiti che si rifanno ai teologi definiti della ‘Seconda Scolastica’,
fiorita particolarmente in Spagna nel secondo Cinquecento, tra i cui esponen-
ti vi erano anche teologi gesuiti e quindi in parte anche i teorici dell’aborrita
Casistica. Gravina, infatti, condanna la Scolastica in quanto vede in essa l’ori-
gine della Casistica gesuitica che considera la fonte della corruzione morale
dei suoi tempi. Nel
Monitum
all’
Hydra mystica
(in
Scritti
, p. 25), dove, com’è
noto, la polemica anti-gesuitica si associa a quella anti-scolastica, Gravina, per
difendersi da eventuali attacchi di eresia, non solo si fa scudo di San Tomma-
so, ma anche distingue tra la morale casistica e la morale tomistica, sulla quale
il giudizio è senz’altro positivo. In questo modo si comprende che la battaglia
anti-gesuitica è legata alla condanna della Scolastica in quanto Gravina non
aveva chiara la distinzione tra la prima e la seconda, nella quale solamente so-
no i germi della Casistica e gli aspetti deteriori, che il Roggianese finisce inve-
ce con l’attribuire in blocco a tutta la Scolastica. A questo proposito l’A., come
anche Fabrizio Lomonaco sottolinea nella sua
Introduzione
(p. 9)
,
collega molto
opportunamente l’anti-scolasticismo di Gravina in campo giuridico a quello che
si manifesta, sempre nel Roggianese, in campo teologico (pp. 50-51): il rifarsi di
Gravina alla dottrina cristiana delle origini, quella, cioè, dei Padri della Chiesa,
è parallela al ritorno alle ‘
Origines
’ della dottrina giuridica (il Diritto romano):
tale impostazione è legata al netto rifiuto di Gravina del metodo dialettico sia in
Teologia che nel Diritto.
Sul piano politico, l’A., a p. 93 affronta il concetto dello «
ius sapientioris
»,
che Gravina teorizza sulla base del modello platonico (come Lomonaco mette
bene in evidenza alle pp. 14 e 17-18 della sua
Introduzione
), influenzato anche
da suggestioni dantesche; la maggiore capacità del saggio di assimilare la virtù
divina lo investe, come nella filosofia dantesca (
Conv.
I
I
6), del ruolo di edu-
catore nei confronti del volgo. Molto opportunamente l’A. fa notare che in
Gravina la classe dei sapienti, ‘il ceto medio’, a cui è anche dedicato un para-
grafo del libro (pp. 100-103), ha il compito di mediare le opposte tendenze
del monarca e del popolo. Al concetto di monarca va associato, in Gravina,
quello di sapiente; come in Platone, i sapienti, sottolinea l’A., «hanno un dirit-
to naturale a dominare sugli altri, in quanto dotati di una ragione più svilup-
pata» (p. 93): il monarca, quindi, deve necessariamente essere illuminato, al-
trimenti è un tiranno. Nei confronti di quest’ultimo è legittima la ribellione da