RECENSIONI
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parte della comunità, a meno che non si incorra nel pericolo, ancora più ne-
fasto della tirannide, dell’anarchia (p. 86). È probabile che Gravina risenta
anche delle suggestioni provenienti da Dante (le cui teorie politiche, come
vedremo subito, Gravina teneva ben presenti), nell’associare il concetto di mo-
narca a quello di sapiente. Nel cielo di Giove, Dante connette il concetto di
sapienza a quello di governo, e in riferimento a Salomone fa dire a S. Tommaso:
«non surse il secondo» (Par. X, 114), intendendo non che Salomone fosse il più
sapiente in assoluto (non si spiegherebbe infatti come per Dante Salomone
potesse superare Adamo e Cristo in sapienza) ma che lo fosse nel governare.
In Dante, come in Gravina, la giustizia è il fondamento delle leggi dell’Im-
peratore. Come Gravina «confuta la comune interpretazione del famoso
motto di Ulpiano: ‘princeps legibus solutus est’» (come sottolinea l’A., p. 92),
secondo la quale il sovrano sarebbe sciolto dall’obbligo di osservare la legge,
così l’interpretazione prevalente del detto di Ulpiano nel Medio Evo e fino al
Rinascimento (a parte alcune eccezioni e comunque prima di Machiavelli) era
che l’imperatore osservava le leggi con libertà, senza esserne costretto. La
stessa idea (anti-hobbesiana) di Gravina che il sovrano debba rispondere al
popolo del suo potere ha origine, com’è noto, nel Medio Evo (il monarca ri-
ceve il potere da Dio tramite il popolo e deve renderne conto a quest’ultimo).
L’A. sottolinea che il Roggianese «tiene fermo il principio della contem-
poranea esistenza di due ordinamenti, canonico e civile, e dell’autonomia del-
le vicende della Chiesa rispetto a quelle dell’Impero» (p. 118), principio, co-
m’è noto, centrale anche in Dante. L’A. pone in evidenza che, come l’Alighie-
ri, Gravina mette al centro delle sue teorie politiche la «convinzione dell’im-
portante funzione civilizzatrice e unificatrice del mondo svolta dall’Impero
romano, ritenuto ‘societas omnium gentium’ e istituito per il vantaggio di tut-
ti» (
ibid
.). Per Gravina, secondo il passo del
De romano imperio liber sin-
gularis
opportunamente riportato dall’A. (
ibid
.), è interesse di tutti cercare di
restaurare l’Impero Romano, in quanto dalla sua dissoluzione ha origine la di-
sgregazione della compagine sociale di tutte le nazioni. Secondo Gravina,
l’Impero romano garantiva a tutti la giustizia, mentre senza di esso la legge è a
vantaggio di pochi, di quelli, cioè che detengono le cariche politiche e giu-
ridiche, riservate solo ad alcune famiglie. L’essenza della libertà per Gravina
consiste infatti anche nella possibilità di tutti di ottenere, a turno, le cariche
pubbliche. Dunque, senza l’Impero non c’è libertà; Dante sottolinea un altro
aspetto negativo derivante dallo scompaginamento dell’Impero: la mancanza
di pace (che è condizione indispensabile affinché l’uomo possa sviluppare
tutto l’intelletto possibile: cfr.
Monarchia,
I,
IV
). Come l’A. molto acutamente
sottolinea, per Gravina la soluzione universalistica ha un valore puramente
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