RECENSIONI
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ideale, a causa della sua «profonda ammirazione per le leggi e gli ordinamenti
di Roma, portatrice di una civiltà superiore, di cui esaltava la vocazione impe-
riale e la funzione unificatrice di tutti gli altri popoli del mondo» (p. 119). La
soluzione universalistica deriva a Gravina molto probabilmente anche da sug-
gestioni del modello dantesco alle cui convinzioni politiche (o a quelle pre-
sunte tali, visto che Gravina in parte travisa alcune posizioni di Dante, defi-
nendolo, tra l’altro, ghibellino, come vedremo subito) esplicitamente si rifà
(cfr. RP, pp. 295-299). In questo modo si spiega l’apparente contraddizione
tra le pagine della
Ragion poetica
dove Gravina, nel definire Dante ghibellino,
si mostra anche lui tale, e le sue posizioni filo-papali, sulle quali pure si
sofferma l’A. (pp. 113-119): infatti, come si diceva, l’adesione alla tesi dell’Im-
pero universale è puramente ideale (p. 119) per Gravina.
L’A. sottolinea che Gravina all’assolutismo tradizionale contrappone la so-
vranità del diritto alla quale anche il monarca deve sottostare (pp. 78, 90-92,
96). Il Roggianese distingue il comando militare, cioè «l’
imperium,
nelle mani
del principe e la
iurisdictio
in quelle dei magistrati» (p. 58) che agiscono in
maniera indipendente dal governo (
ibid.
). Gravina, inoltre, prova una certa
diffidenza, oltre che nei confronti del volgo incolto, anche dell’aristocrazia al
potere (pp. 91, 96-97, 100-101), perché generalmente essa è caratterizzata da
cupidigia, vizio che anche Dante rinveniva nei signori del suo tempo a capo
delle città-stato italiane, che per cupidigia rifiutavano l’imperatore. Molto op-
portunamente l’A. sottolinea come il volgo per Gravina sia condotto alla vita
civile da chi governa saggiamente attraverso lo strumento delle leggi (pp. 90,
93); nella
Ragion poetica
Gravina aggiunge che il saggio possiede un ulteriore
strumento per condurre il volgo alla vita civile: quello delle favole poetiche,
che agiscono sugli affetti e sulle passioni. L’A. ha il merito di sottolineare più
volte l’origine contrattuale dello Stato in Gravina, secondo il quale gli uomini
si unirono spontaneamente in vita sociale per motivi di utilità, per sfuggire
cioè ai pericoli della ferinità (pp. 86-87, 90-93): più che al modello hobbesia-
no Gravina sembra vicino, nel senso che pare precorrerle, alle posizioni di
Vico della
Scienza nuova.
Anche Vico dirà che all’origine del formarsi delle
aggregazioni e quindi della società civile gli uomini furono mossi dall’utile:
dopo il peccato originale gli uomini si isolarono pensando di fare in questo
modo il proprio utile, ma la Provvidenza, sfruttando questo istinto degli uo-
mini lo volse in bene, ed essi infatti capirono che proprio per il loro utile con-
veniva aggregarsi: «Iddio provvedendo ha così ordinate, e disposte le cose
umane, che gli uomini caduti dall’
intiera giustizia
per lo
peccato originale
, in-
tendendo di fare quasi sempre tutto il diverso, e sovente ancora tutto il con-
trario, onde per servir’ all’
utilità
, vivessero in
solitudine
da
fiere bestie
; per