RECENSIONI
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citato dall’A. a p. 118, l’Impero è garanzia di libertà anche per le realtà terri-
toriali particolari. Gravina (RP, p. 298) riprende da Boccaccio l’idea erronea
che Dante tentò di riconciliare i guelfi e i ghibellini divisi («A volere riducere
ad unità il corpo della sua repubblica, pose Dante ogni suo ingegno, ogni ar-
te, ogni studio»: G. B
OCCACCIO
,
Trattatello in laude di Dante,
in I
D
.,
Opere,
t.
I, a cura di P. G. Ricci, Milano-Napoli, Ricciardi, 1965, p.
587). Gravina
riprende da Boccaccio (questi, ivi, p. 626, racconta che Dante, essendo stato
cacciato da Firenze «da’ guelfi, e veggendo sé non potere ritornare, in tanto
mutò l’animo, che niuno più fiero ghibellino e a’ guelfi avversario fu come
lui») anche l’idea che Dante, per vendicarsi dei Fiorentini che lo avevano esi-
liato, «si votò al partito ghibellino» (RP, p. 298). Gravina continua quest’ul-
tima frase con un altro errore risalente a Boccaccio (
Trattatello
, p. 593): «ed
Enrico imperadore seguitò nelle imprese contro i Fiorentini» (RP, p. 298).
Gravina, come Boccaccio (tale errore verrà ripreso anche da Foscolo), è con-
vinto che Dante sostenne l’idea dell’Impero perché si fece ghibellino. In
realtà, il suo appoggiare l’idea dell’Impero nasceva dalla convinzione che solo
l’Imperatore, essendo
super partes,
avrebbe potuto garantire la pace al di
sopra degli interessi particolari. Per tale erronea convinzione Gravina ritiene
che, quando Arrigo rinunciò a quella impresa, Dante scrisse il poema «per
debilitar la parte guelfa e rinforzar la ghibellina» (
ibid.
). Gravina, però, ag-
giunge che Dante si propose, con la scrittura della
Comedìa,
anche un altro
scopo politico: trasmettere agli stati italiani la necessità di «convenire in un
capo ed in un comune regolatore armato, per mezzo del quale l’Italia lungo
tempo in tutto il mondo signoreggiato avea» (
ibid.
), in modo da recuperare
«l’antico imperio sopra tutte le nazioni» (ivi, p. 299): questo in sintonia col
brano del
De Romano Imperio liber singularis
che l’A. (p. 118) riporta (citan-
do dalla p. 252 dell’edizione delle
Originum
già citata che comprende anche
quest’opera). Bene fa, perciò, l’A. a dire che in quel brano sono presenti sug-
gestioni dantesche, dal momento che queste stesse cose sono, nella
Ragion
Poetica,
attribuite esplicitamente a Dante: questi esalta il mito dell’Impero Ro-
mano, «che il mondo intero avea per sua provincia nel corso di mille anni te-
nuto, e […] coll’armi e leggi sue avea di dentro gli acquistati popoli la barba-
rie discacciato» (RP, p. 299).
Nel suo esame completo della vita e delle opere di Gravina, San Mauro
approfondisce anche due degli aspetti meno ricordati della biografia del Rog-
gianese: la sua frequentazione dei salotti letterari romani e i suoi impegni uni-
versitari presso la ‘Sapienza’ di Roma.
Quanto al primo punto, l’A. sottolinea l’importanza della frequentazione
da parte di Gravina, nel 1689, del salotto letterario di Giovanni Ciampini. Il
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