RECENSIONI
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salotto si trasferì in seguito nella casa di Monsignor Marcello Severoli e poi in
quella di Giovanni Filangieri, secondo la testimonianza di Ippolito Pindemonte
(che nell’
Elogio del Marchese Scipione Maffei, in Elogj di letterati italiani,
2 voll.,
Verona, Libanti, 1825, vol. I, p. 6, racconta che Scipione Maffei, giunto a Roma
nel 1699, fu ammesso alle discussioni letterarie del salotto di Filangieri). Anche
Crescimbeni parla del salotto letterario di Ciampini e del suo successivo trasfe-
rimento «nelle case» di Severoli e di Filangieri (G. M. C
RESCIMBENI
,
Vita di
Raffaele Fabretti,
in
Le vite degli Arcadi illustri,
5 voll.,
a cura di G. M. Crescim-
beni, Roma, De’ Rossi,
1708-1727, vol. II, 1710, p. 104). Bene fa l’A. a porre
l’attenzione su questi salotti letterari, dove le amicizie strette da Gravina saran-
no feconde non solo di scambi letterari, ma anche di scambi in campo giuridico,
come nel caso dell’amicizia col Maffei, che scriverà un importante
Ristretto
delle
Origines
di Gravina, opportunamente citato dall’A. (p. 56n.).
Quanto alla ricostruzione degli impegni universitari di Gravina in qualità
di professore di diritto civile, l’A. pubblica due scritti inediti in appendice,
che documentano la proposta di Gravina al Papa Clemente XI di riforma
dell’Università, in declino a causa del Collegio degli avvocati concistoriali, che
detenevano il potere nella ‘Sapienza’.
Come ho segnalato sin dall’inizio, San Mauro individua nella speculazione
graviniana sul diritto il filo rosso unitario dell’intera produzione del Roggiane-
se. La giurisprudenza, infatti, rimarrà il comune denominatore di tutte le sue
opere, anche quelle letterarie, per ammissione dello stesso Gravina. Si pensi al
Della Tragedia,
del 1715
,
dove l’autore dichiara che per la composizione delle
sue
Tragedie
gli è stata indispensabile la conoscenza «delle romane leggi an-
cora, che scoprono i lineamenti più fini del costume e le fibre più interne del
governo romano: il quale senza la giurisprudenza, per entro la sola erudizione
assai grossolanamente e confusamente si raccoglie» (in
Scritti
, p. 528). Questa
importanza data al suo essere giureconsulto espressa nel
Della tragedia
, ma
anche nel
Prologo
(dove si definisce «Legista, Oratore, e Filosofo») alle
Tra-
gedie cinque
(edite a Napoli, Mosca, 1712)
,
si riflette nel titolo dato alla secon-
da edizione delle Tragedie, del 1717 (Napoli, Parrino):
Di Vincenzo Gravina
Giurisconsulto Tragedie cinque.
L’A., nel sottolineare la forte presenza della
riflessione politico-giuridica anche nelle opere letterarie, nota che nelle
Tragedie
vi è una involuzione della fiducia di Gravina nella possibilità del
sapiente di cambiare la società, in quanto in esse il ceto medio dei saggi che
tenta di farsi garante della giustizia e della libertà viene esautorato dal tiranno.
Secondo l’A. le
Tragedie
rappresentano quindi una svolta pessimistica (p. 64)
rispetto alle tesi della precedente produzione giuridico-politica: nelle
Tragedie
lo
ius sapientioris
viene «sconfitto dalla violenta alleanza di tirannide e sacer-
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