RECENSIONI
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Graziella Federici Vescovini affronta
la ricaduta, vastissima e lunga, della
traduzione latina del
De aspectibus
di Alhazen nel XII secolo; in particolare, la
teoria dello spazio visivo, il problema della percezione della distanza, che pre-
suppone un’articolata fenomenologia dei sensi interni. La vista, per Alhazen,
offre un’immediata comprensione delle cose: grazie alla strutturazione geome-
trica dei raggi luminosi che colpiscono il nostro occhio si guadagna infatti una
conoscenza intuitiva e certa, di una certezza che si fonda sulla ripetizione del
gesto percettivo. La volontà di rimanere all’interno della percezione sensibile
è testimoniata anche dalla concezione della luce come visibile e non astratta-
mente geometrica, e la figura della piramide visiva pure rimanda alle facoltà
percettive e alle funzioni interne dell’anima più che alla realtà fisica dei raggi
luminosi; la percezione dello spazio e della distanza risultano così sempre pri-
mariamente connesse ai sensi interni. E, nell’ambito dei sensi interni, la Fede-
rici Vescovini ferma l’attenzione sul ruolo dell’immaginativa nella misura dei
corpi; differente dall’immaginazione, che è passiva, l’immaginativa svolge una
funzione apprensiva e attiva: pur dipendente dai sensi infatti, non raffigura le
forme attraverso una astrazione dai sensibili, ma si articola piuttosto in attività
originarie intellettive.
Michael McVaugh muove ancora dalle difficoltà, dai travisamenti – co-
munque fecondi – costituiti dal trasferimento di testi arabi e di Galeno nella
lingua latina. Difficoltà accentuate laddove si tentava di dare un nuovo ordine
strutturale, come nello studio della malattia mentale. Esemplare in questo
senso il
De parte operativa
di Arnau de Villanova, testo spesso incoerente e
probabilmente incompleto, in cui si trovano innanzitutto i problemi relativi
alla costituzione di una terminologia adeguata, che accordi ed eventualmente
corregga le fonti greche ed arabe. Problemi complementari, naturalmente, a
quelli di classificazione, descrizione e comprensione delle diverse patologie
mentali. Qui Arnau porta una serie di spostamenti e di aggiustamenti rispetto
alla variegata tradizione cui si riferisce, sempre inseguendo l’obiettivo di co-
struire una nosologia completa del disagio mentale. Il modello di mente a cui
Arnau fa riferimento è quello della tripartizione delle funzioni mentali, collo-
cate però con precisione in diverse parti del cervello. Di questa collocazione è
debitore più agli Arabi che ai Greci, come dell’attenta descrizione delle alte-
razioni che possono subire quelle funzioni. Giunge quindi ad una classifica-
zione completa dei tipi di patologia delle tre facoltà –
imaginatio
,
scientiatio
o
estimatio
,
memoria
– per procedere poi, sempre confrontando e modificando
le sue fonti, a indicare e distinguere le cause, i sintomi e la cura delle diverse
affezioni. L’A. si sofferma sulla descrizione di una patologia certamente trat-
teggiata in modo nuovo da Arnau: lo
stupor
o
ablatio ymaginationis
; perché,