AVVISATORE BIBLIOGRAFICO
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a trasformarsi – e avvicinarle agli ele-
menti culturali caratteristici di ogni sin-
gola cultura. L’unità e la molteplicità –
conclude l’A. – si contemplano: le di-
versità si basano sulla profonda unifor-
mità dell’ingegno umano; l’analisi filo-
logica confuta l’ipotesi della lontananza
degli ambiti culturali e costruisce ponti
tra culture diverse, mettendo in contat-
to i luoghi più remoti del mondo.
4.
B
ORDOGNA
Alberto,
Gli idoli del
foro. Retorica e mito nel pensiero di
Giambattista Vico
, Roma, Aracne, 2007,
pp. 171.
Si tratta di una scarna introduzione al
ruolo che entro il pensiero vichiano svol-
gono la retorica e il mito. Dopo una bre-
ve ricostruzione storico-culturale della
Napoli del Secolo XVII, l’A. riflette sul
fatto che il recupero da parte di Vico del-
la cultura umanistica e rinascimentale av-
viene proprio a partire dalla consapevo-
lezza della situazione culturale del pro-
prio tempo.
Gli anni dell’insegnamento universita-
rio, i rapporti con l’ambiente accademico,
i ‘contrasti’ con la speculazione cartesiana
e il legame con la tradizione umanistica, le
riflessioni sullo stato di natura e sulla filo-
sofia della storia, i richiami all’arte della
memoria rinascimentale e alla retorica del
sublime dello pseudo-Longino, sono tutti
temi trattati da Bordogna, seppure in
maniera superficiale e conforme a model-
li di interpretazione critica ampiamente
conosciuti.
Molta attenzione è poi dedicata dall’A.
alla ricostruzione della genesi di ogni opera
di Vico, attraverso un procedimento in ve-
ro un po’ ripetitivo e – anche in questo caso
– privo di spunti critici personali.
[A. Scogn.]
5. C
OSTA
Gustavo,
Perché Vico pub-
blicò un capolavoro incompiuto? Conside-
razioni in margine a
La Scienza nuova
1730,
in «Italica» LXXXII (2005) 3-4,
pp. 560-579.
L’A. parte dalla recente pubblicazione
dell’edizione critica della
Scienza nuova
1730 (a cura di P. Cristofolini e con la col-
laborazione di M. Sanna, Napoli, A. Gui-
da, 2000), con la quale «l’ecdotica vichia-
na ha fatto un passo da gigante» (p. 560),
per proporre il frutto di un lungo e fa-
ticoso lavoro portato avanti tra le carte
dell’Archivio della Congregazione per la
Dottrina della Fede presso la Città del Va-
ticano. Finalmente, con l’apertura dell’Ar-
chivio, sono venuti alla luce i documenti
inediti che «gettano nuova luce sulla rice-
zione del pensiero europeo moderno in
Italia e su altri aspetti importanti del mon-
do di Vico» (p. 563). La storia, del massi-
mo interesse per lo studioso vichiano e
non, degli ostacoli che la censura oppone-
va alla pubblicazione dei volumi, è un cor-
redo a questo punto indispensabile e uti-
lissimo per la lettura dell’opera vichiana e
dei suoi continui rimaneggiamenti e ritoc-
chi. È ormai evidente che «La
Scienza nuo-
va
è un capolavoro incompiuto, perché il
suo autore non poteva scrivere a tutte let-
tere quel che aveva in mente» (p. 566).
Costa ci offre la descrizione appassionante
del percorso della lettura della stesura del
1725 da parte dell’Inquisizione Romana,
interessata a boicottare decisamente l’edi-
zione patavina della
Scienza nuova
: il giu-
dizio irrimediabilmente negativo di Gio-
vanni Rossi, il primo teologo incaricato di
questa lettura, seguito dal divieto della
pubblicazione dell’edizione veneta e da un
nuovo incarico di revisione affidato stavol-
ta a Fortunato Tamburini, dalla cui penna
emerse una valutazione che «non rende
giustizia al genio del Vico», e che «conclu-
deva dicendo che la
Scienza nuova
era