AVVISATORE BIBLIOGRAFICO
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plessi teorici della filosofia moderna cui
fare riferimento nella ricostruzione storica
della genesi dei nuclei concettuali del pen-
siero vichiano.
[R. M]
10. F
RANGELLA
Franco,
Giambattista
Vico: scienza del vero e coscienza del cer-
to
, Soveria Mannelli, Rubbettino, 2006,
pp. 128.
Nel presentare il volumetto, Ignazio
Gironda scrive: «Con questo undecimo
scritto filosofico, don Franco Frangella per-
severa nella sua tesi, orientata nel difendere
i valori cristiani e umani insieme, mentre va
discorrendo dei contenuti dottrinali di ri-
nomati filosofi» (p. 7). Con queste premes-
se, turba non poco leggere, a p. 72 che «Vi-
co parlò di Provvidenza perché senza di es-
sa i primi uomini hanno avviato la nascita
della ‘gran città del genere umano’». Ci au-
guriamo che, a parte Vico, impossibilitato a
farlo, non sia la censura ecclesiastica ad in-
terrompere l’edificante progetto del Lan-
gella, il quale tuttavia nel corso del suo
scritto tenta un recupero (ma in questo ca-
so solo verso la censura) quando definisce il
conatus
vichiano come «sforzo volontario
di resistenza alla passione in vista di una
finalità cosciente» (p. 73). Nel primo caso
confidiamo nella svista tipografica, nel se-
condo la riteniamo improbabile.
[A. S.]
11.
G
AMBAROTA
Paola,
Syntax and
Passions. Bouhours, Vico, and the Genius
of the Nation
, in «Romanic Review»
XCVII (2006) 3-4, pp. 285-308.
Il saggio ricostruisce linee ed effetti
fondamentali del breve dialogo pubblicato
con il titolo
La langue française
nel 1671
dal lessicografo francese Dominique Bou-
hours, il quale salda le nozioni di ‘genio
della lingua’ e ‘genio della nazione’ in
quello che può essere considerato il primo
paradigma del moderno nazionalismo lin-
guistico. L’analisi comparativa delle lingue
moderne di Bouhours pone in questione
non semplicemente le qualità delle lingue
o i risultati delle comunità letterarie che le
praticano, bensì i risultati delle intere ‘na-
zioni’ che le parlano. L’obbiettivo è esal-
tare la superiorità della Francia sulle altre
nazioni europee, e il criterio assunto a tal
fine è quello della ‘naturalezza’, dichiarata
da Bouhours massimamente propria della
lingua francese – che presenta le cose ‘e-
sattamente come sono’ – ed estranea inve-
ce ad altre, tra cui l’italiana, lingua di ‘ab-
bellimenti’, ‘languida ed effeminata’. Par-
ticolare rilievo assume la figura retorica
dell’iperbato – l’inversione dell’ordine na-
turale delle parole all’interno di un sin-
tagma – che è per Bouhours indice del di-
sordine ‘caratteriale’ della nazione che la
pratica: se infatti, come vuole Longino,
‘l’hyperbaton è il segno più vero della pas-
sione’, esso è il sintomo di una passionalità
scomposta e mistificante; tale è appunto
l’imputazione rivolta da Bouhours alla lin-
gua e alla nazione italiana (e non va di-
menticato che all’epoca la diffusione del-
l’italiano era direttamente legata a quella
del melodramma). La partecipazione di
Vico alla polemica franco-italiana che se-
gue – nota come controversia ‘Orsi-Bou-
hours’ – è apparentemente scarsa. Tra i
pochi accenni vi è la critica della lingua
francese che s’incontra nel
De ratione
, do-
ve Vico non si limita a rovesciare le accuse
di Bouhours all’italiano, ma ne rovescia il
presupposto: non è il genio della nazione
a determinare il genio della lingua, ma
bensì il carattere della lingua a dar forma
all’ingegno di un popolo, sicché la lingua
sottilissima e in certo modo disincarnata