ENRICONUZZO
24
battista Vico», del secondo volume (
La filosofia
)
della vallardiana
Sto-
ria dei generi letterari
. Se si mettono «una accanto all’altra, esclusiva-
mente per ragioni di cronaca e di cronologia», tale opera e l’
Introdu-
zione allo studio di G.B. Vico
di Franco Amerio – libro «probo» ma
che attestava una stagione di dibattiti ormai consunti – «viene fatto di
segnalare il 1947 come la data più idonea a registrare un passaggio da
un atteggiamento metodologico a un altro, negli studi vichiani. Non si
trattava più di contrapporre argomentazione ad argomentazione o,
peggio, sistemazione filosofica a sistemazione filosofica: si trattava
(questo risultava dal quadro tracciato dal Garin) di continuare a mi-
gliorare un lavoro in corso, da avviare verso particolari più particola-
reggiati, anzi da ispirare a un senso nuovo del particolare». A cospetto
di troppo logiche prospettazioni speculative e di troppo sistematiche
interpretazioni totali,
«
toccava ormai alle analisi sottintendere o pro-
porre ipotesi ricostruttive sintetiche»
24
. Perciò quei capitoli hanno avu-
to una grande importanza sugli studiosi più giovani come rivelazione
di una nuova guida e di una nuova linea d’indagine.
Si trattava di un tipo d’indagine, precocemente ispirato appunto ad
un nuovo senso del particolare legato ad uno ‘spontaneo’ sospetto
verso il ‘sistematico’. Un tipo d’indagine il cui laborioso impiego – lon-
tano da altisonanti programmi e facili liquidazioni, al contrario pronto
ai diversi riconoscimenti delle benemerenze degli studi della migliore
tradizione storiografica del neoidealismo – di fatto dichiarava il ripu-
dio di un intero plesso teorico-metodico, a partire dalla concezione del
nesso di gradazione assiologica filosofia-cultura di cui si è detto, per
affermare sommessamente la possibilità di esplicitare una «filosofia au-
tentica» meglio nelle «analisi concrete» della «cultura umana»
25
.
24
P. P
IOVANI
,
Per gli studi vichiani
, cit.; ma qui cito dal già richiamato volume
La
filosofia nuova di Vico
, pp. 369-371.
25
Si veda in proposito quanto scriveva Garin su Croce, con un riferimento elo-
quente anche a Vico, nella
Storia della filosofia italiana
, cit., vol. III p. 1315: «C’è co-
stante in Croce come un iato, un dissidio segreto, fra una ricchissima analisi di settori
vastissimi dell’esperienza e della cultura umana, e il ‘sistema’, fissato in quel primo de-
cennio del secolo, ricondotto genealogicamente a Vico, De Sanctis e Hegel, e non mai
oltrepassato del tutto. A prescindere dalla genealogia, discutibile almeno in parte, la
‘filosofia’ autentica, che circola nelle analisi concrete, è altra dal giuoco estremamente
semplificatorio della ‘distinzione’ e delle ‘quattro parole’. Là, solidali con la discussio-
ne precisa di fatti di cultura, e di esperienza, si precisano ‘concetti’, se si vuole estre-
mamente ‘impuri’, ma preziosi per intendere, ossia per connettere e chiarire, l’atteg-
giarsi molteplice dell’opera e della vicenda umana. Qua si giustappongono poche idee
astrattissime, il cui snodarsi medesimo è affermato piuttosto che dimostrato».
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