AVVISATORE BIBLIOGRAFICO
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cetto del
Verstehen
. Il più importante ri-
sultato intellettuale di Vico è difatti per
Berlin «non semplicemente l’applicazione
alla storia della vecchia nozione teologica,
e poi nuova nozione filosofica, del
verum-
factum
[…], ma piuttosto la più acuta
comprensione di
come
gli uomini hanno
fatto la storia: attraverso le loro facoltà
umane troppo umane dell’immaginazione
mitopoietica (
fantasia
), della memoria
(
memoria
) e dell’invenzione creativa (
inge-
nium
)» (p. 55). In questo senso, Vico è
per Berlin l’inventore della «antropologia
storica», ossia l’iniziatore della «svolta ge-
nealogica nelle scienze storiche dell’Illu-
minismo»: una nuova metodologia inter-
pretativa che Berlin condensa nella formu-
la «immaginazione ricostruttiva» (p. 56),
aderente alla «costruzione mitopoietica
della realtà sociale» e punto di accesso, di-
ce Mali, a «quella che oggi chiamiamo
cul-
tural history
» (p. 58). Nel ripercorrere ora
le obiezioni che a questa ricostruzione so-
no state mosse da varie parti (dall’ap-
proccio ‘positivista’ di Leon Pompa, che
vede nei
Principij
di Vico una diretta ere-
dità della metodologia scientifica newto-
niana, al richiamo filologico di Peter Bur-
ke ad un Vico interamente immerso nella
cultura napoletana del suo tempo e in nes-
sun modo da risucchiare in attualizzazio-
ni), Mali problematizza l’interpretazione
di Berlin (a sua volta consapevole – ripete
Mali, che ne fu allievo – delle proprie for-
zature interpretative), per farne emergere
le strutture portanti. Ossia anzitutto l’im-
menso rilievo che riveste per la filosofia
politica e la storia delle idee di Berlin
l’idea di una «costruzione della realtà so-
ciale per via pratica, per mezzo del senso
comune, in ultimo mitica» (p. 60), idea
che conduce al fondamentale principio
metodologico e assiologico della «pluralità
umana nella storia» (p. 61): la «fondamen-
tale condizione sociale di una pluralità di
norme e di forme di vita etiche, politiche
ed estetiche» da cui dipende per Berlin
«ogni altro grande tema della identità,
libertà e dignità umana e dell’equità socia-
le e politica» (p. 62). Qui sta per Berlin il
valore dell’anti-monismo di Vico e degli
altri campioni del contro-Illuminismo. Ma
con ciò la domanda su fino a che punto
tale ‘pluralismo’ sia un tratto veramente
vichiano s’impone con forza, come Mali
rileva nel richiamo alla distinzione in Vico
tra ‘pluralismo culturale’ e ‘relativismo
morale’ rivendicata in risposta da Arnaldo
Momigliano o anche in riferimento al-
l’aperta contestazione dell’interpretazione
liberale di Vico avanzata da Mark Lilla col
suo Vico anti-moderno e anzi «apolegeta
cristiano». La risposta di Mali non solo
assume la distinzione tra ‘pluralismo cul-
turale’ e ‘relativismo morale’ accolta da
Berlin stesso, ma accentua anche la pro-
blematicità del primo termine, nella misu-
ra in cui osserva che «Vico potrebbe sì
essere giunto a riconoscere il ‘pluralismo
culturale’ come qualcosa d’inevitabile,
non però come qualcosa di dotato in sé di
valore» (p. 63). A rigore, infatti, la riven-
dicazione vichiana della verità del solo
cristianesimo su tutte le altre ‘false’ religio-
ni, come pure l’assunto della «supremazia
etica e politica delle contemporanee ‘per-
fette monarchie’ cristiane europee, rivela-
no che Vico stava ben dietro a pensatori
‘monistici’ dell’Illuminismo come Locke o
Voltaire», sotto questo riguardo. La pro-
posta di Mali è allora quella di una revi-
sione della concezione ‘pluralistica’ di Vi-
co elaborata da Berlin, in grado di «modifi-
care non solo alcune delle sue interpreta-
zioni ‘modernistiche’ ma anche la più fon-
damentale concezione dicotomica di ‘Illu-
minismo’ e ‘contro-Illuminismo’» (quest’ul-
timo, con le parole di Charles Taylor, da
intendersi più che altro come un «aspetto
immanente dell’Illuminismo medesimo» –
p. 64). In questa prospettiva dialettica e
non più antitetica emergono con maggior