AVVISATORE BIBLIOGRAFICO
252
sta sia nei poeti teologi che nei poeti eroi-
ci» (pp. 459-460).
[F. L.]
32. R
EGGIO
Federico,
La filosofia giu-
ridica di G. B. Vico nella lettura di Gio-
vanni Ambrosetti
, in «Rivista internazio-
nale di filosofia del diritto» LXXXII
(2005) 3, pp. 461-480.
Ciò che, secondo l’A., rende interes-
sante la lettura compiuta da Ambrosetti
del pensiero vichiano – in scritti che van-
no dagli anni ’50 agli anni ’80 del ’900 – è
la centralità attribuita all’elemento giuridi-
co piuttosto che alla filosofia della storia o
all’antropologia. È anche, per Ambrosetti,
la filosofia del diritto di Vico a mostrare
maggiori segni di originalità o di distacco
dal suo tempo, accogliendo al suo interno
la storia. In particolare, il concetto di diritto
naturale attira i suoi studi, persuaso che vi
si trovi il ‘fulcro’ di tutto il pensiero vichia-
no; al contrario dei suoi contemporanei,
Vico avrebbe respinto l’accezione esclusiva-
mente razionalistica del diritto naturale
per proporre invece «il diritto naturale co-
me un privilegiato luogo di incontro dia-
lettico dell’elemento storico con quello
ideale», offrendo «un vero ‘monito’ per il
giurista di ogni tempo» (p. 467). L’acce-
zione vichiana di giustizia, sempre tesa sul
filo della mediazione tra concretezza e
idealità, indica, ancora oggi, la strada da
percorrere per fare dell’esperienza giuri-
dica anche un itinerario di verità.
[M. R.]
33.
R
OBERTSON
John,
The Case for
the Enlightenment. Scotland and Naples.
1680-1760
, Cambridge, Cambridge U.
P., 2007, pp. 455.
Attorno a tre principali linee argo-
mentative (la ‘scienza dell’uomo’, la teo-
ria della ‘civilizzazione’ e l’economia po-
litica) l’A. costruisce il suo disegno sto-
riografico che nasce da uno studio com-
parativo tra Napoli e la Scozia del secolo
XVIII. La lettura poggia sull’esame di se-
lezionate forze culturali (l’agostinismo
giansenista e l’epicureismo cristianizzato
del Gassendi) in grado di approfondire
anche la filosofia di Vico. A questa è de-
dicato un ampio capitolo che, già nel ti-
tolo («Vico, after Bayle», pp. 201-255),
indica una scelta storiografica precisa di
Robertson, orientata ad aprire una rifles-
sione sulla tradizione epicurea, per coin-
volgere direttamente l’autore del
Dic-
tionnaire
e il filosofo della
Scienza nuova
:
«[…] This is not to assume that Vico’s
hostility to Epicurean philosophy, and to
Hobbes and Bayle in particular, was
simple and obvious in its effects. The
extent to which the
New Science
, in its
successive versions, drew on the resources
of Epicurean philosophy at the same time
as it sought to repudiate their damaging
implications will be a question central to
the investigation which follows. But we
may begin by supposing that arguments
which Vico associated with Hobbes and
Bayle, and with Epicureanism more ge-
nerally, were among those most at issue
in his new work» (p. 210). Naturalmente,
la polemica antibayleana non può non
richiamare con Hobbes le tesi di Spino-
za, il rappresentante del cosiddetto «illu-
minismo radicale» (p. 214), criticato per
la tesi del
Deus sive natura
cui il filosofo
napoletano vuole opporre le ragioni mo-
derne della società cristiana. È questa la
motivazione che agisce anche nelle rela-
zioni intellettuali con Bayle, di cui Robert-
son discute la nota tesi di una possibile
«società di atei» (pp. 219-220). Anche da
tali sollecitazioni nasce l’idea vichiana di
‘provvidenza’ quale garanzia fondamen-