AVVISATORE BIBLIOGRAFICO
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tale di coerenza e ordine della storia
combinata con la ripresa della tradizione
epicurea: «The challenge represented by
modern Epicureanism is perhaps still
more important in understanding Vico’s
treatment of divine providence. […] Vi-
co treats divine providence among the
Gentiles as a human belief, and contrasts
it with the revelation accorded to the
Hebrews. Although the point is not de-
veloped, the evidence for the universal
belief in divine providence among the
Gentiles is natural, non trascendental: it
lies in a common ‘sense’ found in the
early history of all nations» (pp. 237,
238). Il tema è al centro delle riflessioni
dedicate alla
Scienza nuova prima
che
Robertson approfondisce, toccando ap-
pena la questione dei contenuti della se-
conda versione (1730) (p. 238). Privile-
gia, invece, i termini del passaggio alla
terza edizione del 1744, che sono identi-
ficati «as associated with Epicureism: the
nature of man and his motives for ente-
ring society; and the grounds of the uni-
versal belief in divine providence» (p.
239). Questi motivi sono quelli, poi, rie-
laborati nell’ultimo paragrafo dedicato a
«Vico’s Epicureanism», in cui si giunge
all’individuazione e discussione di tesi
che non escludono «the operation of di-
vine providence. He might acknowledge
that Epicurean principles provided the
best available explanations for human
behaviour; but he was confident that
such principles could be accommodated
within his reasoned civil theology of di-
vine providence» (p. 252, ma si vedano
anche le pp. 254, 255). E tornano qui le
ragioni della polemica contro Bayle,
complicate dal fascino delle sue riflessio-
ni su teologia e vita civile, luogo di inter-
sezione dei contenuti dell’opera vichiana
in quanto «reasoned civil theology of di-
vine providence» (p. 251). Per la rielabo-
razione di classici temi epicurei e la di-
fesa dell’idea di ‘provvidenza’, la rifles-
sione resta un intreccio assai complicato
che l’A. riconosce, osservando che «Vi-
co’s achievement […] a puzzle remains»
(p. 252). Il che ripropone la questione
della sua collocazione storica, della sua
«modernità», aperta, a giudizio dell’inter-
prete, dalla ben nota teoria dei
corsi
e
ri-
corsi
storici nelle
Scienze nuove
del 1730 e
1744 quale «logical consequence of Vico’s
sceptical, Epicurean account of human
nature, reinforced by the doctrine of the
Fall. […] Modern as he was in his appre-
ciation of the process by which men’s uti-
lities provided the basis for their sociabi-
lity, Vico could not accept that this pro-
cess would lead to human betterment» (p.
255). Da qui può assumere senso il con-
fronto critico con Hume che è al centro
della proposta di lettura del Robertson.
Con l’autore del
Treatise of Human Natu-
re
Vico poteva condividere la tesi dell’ine-
sistenza di una legge di natura originaria
cui opporre, invece, un «common sense»
(p. 319) e, autonomamente, la questione
di una rifondazione della socialità «by set-
ting the Epicurean understanding of hu-
man nature in a properly historical fra-
mework» (
ibid.
). Qui ritorna anche il gran
tema di Bayle di una possibile società di
atei virtuosi e si ripropone la complicata
questione delle relazioni tra
socialità
e
religio
che l’illuminista Hume, diversa-
mente da Vico, depotenzia in coerenza
con i contenuti e le prospettive della mo-
derna
economia politica
(cfr. p. 324), de-
stinata a diventare l’oggetto di studio
privilegiato dai vichiani di metà Settecen-
to come Antonio Genovesi (
ibid.
).
[F. L.]
34.
S
ERGIO
Emilio,
Il
De corpore
(1655) di Hobbes a Napoli: note sulla rice-
zione del
De corpore
XXX nei
Progym-