GLI STUDI VICHIANI DI EUGENIO GARIN
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3. La posizione di uno scenario storiografico ‘plurale’, e la presenta-
zione di un secolo diciottesimo per diversi aspetti inconsueto, conno-
tano subito la ricerca storiografica del giovane Garin (la cui attenzione
non manca anche già di appuntarsi qua e là su Vico), costituendo un
quadro critico del quale alcuni elementi sarebbero rimasti notevol-
mente stabili nel tempo: anzi potendosi affermare che al Settecento di
Garin sia toccato in fondo in sorte di restare più fermo di quanto sia
capitato al ‘suo’ Umanesimo.
Il processo della nascita della coscienza morale individuato, saggia-
to, nella cultura inglese settecentesca
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, è un processo a più voci, rico-
struito già attraverso una serie di analisi specifiche – solo dopo rifluite,
rielaborate, nel libro che porta la data del 1941 (ma del 1942),
L’illu-
minismo inglese. I moralisti
– degli apporti di Butler (oggetto dei primi
contributi di Garin tra il 1929 e il 1932), Shaftesbury, Hutcheson,
Clarke, Mandeville, a partire dall’«Eredità del secolo XVII» che di
quel libro costituisce la prima parte
33
.
L’indagine su tale pluralità di voci in questa fase del lavoro storio-
grafico di Garin si accompagnava ad una riflessione problematica e as-
sai preoccupata attorno al pluralismo etico (che era ancora eredità di
Limentani), vincolata alla convinzione che «un criterio», «una misu-
ra», se, come deve, «deve essere norma valutativa, deve essere obbietti-
va, assoluta»
34
. Ma seguire lo studioso su ciò, sulle sue posizioni
32
Lungo una linea suggerita, si è detto, da Limentani, ma che poteva trovare nella
cultura filosofica italiana anche altri momenti di ispirazione: per un cenno a Croce in
proposito si veda più avanti.
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Tra le voci della produzione del 1942 quel libro –
L’illuminismo inglese. I mora-
listi
, Milano, 1941 – viene inserito (p. 22) nella
Bibliografia degli scritti di Eugenio
Garin. 1929-1989
, Roma-Bari, 1989, che ripropone aggiornate le due precedenti ver-
sioni del 1969 e del 1979.
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E. G
ARIN
,
Orientamenti morali
, in «Rivista di filosofia» XXXII (1941), p. 173.
Lo scritto era stato una relazione tenuta nel 1940 alla Biblioteca Filosofica di Firenze.
Su questo testo (e anche su questo passo) si veda C
APATI
(
op. cit.
, p. 81), in pagine che
indagano sul «Garin gnoseologo» (ivi, p. 80) di quegli anni, evidenziando anche, entro
una complessiva movenza «eclettica» (cfr. ad es. ivi, p. 77), esplicite presenze gentilia-
ne. Queste si rivelerebbero, ad esempio, anche nel fatto che – a proposito dell’‘averroi-
sta’ Giovanni Pico, oggetto del primo libro gariniano – «l’Averroè gariniano» rivele-
rebbe «tratti essenzialmente idealistici», tanto che «l’averroistica unità d’intelletto
sembra identificarsi con l’Io trascendentale di Gentile» (ivi, p. 80); è un giudizio che
andrebbe discusso, non negando che lasciano pensare taluni passi: come quello nel
quale si parla della «concezione dell’unità del pensiero pensante, di cui i singoli non
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