GLI STUDI VICHIANI DI EUGENIO GARIN
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Dall’altro lato, Garin aveva ben presenti, e non sottaceva, gli elemen-
ti di grande distanza fra stagioni culturali assai diverse, e le vie plurime e
spesso ambigue, i molti tramiti, attraverso cui talune eredità della cul-
tura umanistico-rinascimentale sarebbero pervenute anche a Vico.
Per giungere a questo senza ingenue ‘nudità’, si è detto, occorreva
innanzitutto ripercorrere e approfondire i movimenti di pensiero che
avevano caratterizzato il rinnovamento della cultura meridionale, spe-
cie secondo-seicentesca. Tali movimenti peraltro erano stati già ogget-
to di indagini puntuali, anche sostenute dall’intelligenza critica di stu-
diosi quali in primo luogo Benedetto Croce e Fausto Nicolini. E tutta-
via bisognava reintervenire su di essi con una forte correzione, se non
con un vero e proprio rovesciamento di metodo. Un simile rivolgimen-
to, sia pure non dichiarato, solo parzialmente e anche sotterraneamen-
te tematizzato, comunque risultava di fatto operante nei capitoli rela-
tivi a «La diffusione della nuova cultura» e a «Giambattista Vico» del
secondo volume della richiamata
Filosofia
apparso nel 1947.
Non bisogna sopravvalutare esiti critici di un’opera in larga misura
di necessità compilatoria, poi tutt’altro che prediletta dal suo autore, e
che presenta le sue prove migliori non certo nelle non abbondanti pa-
gine su Vico, a cospetto soprattutto di ampie e dense sezioni dedicate
alla cultura filosofica umanistica. Tuttavia – come è stato detto da
Claudio Cesa – quell’opera
è tutt’altro che un compendio dei lavori del Gentile, anche se evidentemente
li ha utilizzati; essa è, piuttosto, un monumento non soltanto della larghissima
erudizione di Garin, ma anche della sua passione di interprete […]. Non cre-
do sia esagerato dire che, con quest’opera, Garin abbia segnato la strada degli
studi di storia della filosofia italiana per i decenni successivi […]. La sua pro-
spettiva generale, e la sua valutazione dei singoli autori, si modificò, con il
passare del tempo, profondamente; ma anche per questo quei due volumi del
1947 meritano di essere letti con attenzione
56
.
In significativa misura ciò vale anche per le pagine che hanno a che
fare con Vico e la cultura italiana nella quale veniva reimmesso: pagine
alle quali peraltro se ne accompagnarono in quegli anni altre sulle qua-
56
C
ESA
,
op. cit.
, p. 27. E a proposito poi della successiva edizione del 1966, lo stesso
Cesa osserva che «non sarebbe privo di interesse un confronto accurato tra la prima e la
seconda edizione» (
ibid.
). Nelle pagine seguenti se ne darà qualche esemplificazione.
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