ENRICONUZZO
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Vico sarebbe stato chiamato a intervenire, in particolare al tempo
del
De antiquissima
, sulla centrale questione, segnatamente dovendosi
pronunciare sul nodo decisivo del suo significato ‘ontologico’ (secon-
do la soluzione di Galilei, e di Ficino, etc.) o meno.
Non è il caso di seguire l’esposizione che in quel capitolo veniva da-
ta di singoli autori: tra i principali Leonardo di Capua, Giovanni Al-
fonso Borelli
72
, Alessandro Marchetti, Giuseppe Valletta, Gregorio Ca-
loprese, Michelangelo Fardella, Tommaso Campailla, Paolo Mattia
Doria, Ludovico Antonio Muratori, lo stesso Tommaso Rossi, etc. E
neppure è il caso di mettere a fuoco più determinati temi e problemi:
tra i quali, ad esempio, già si profilava il successivo giudizio – espresso
nel saggio
Da Campanella a Vico
che costituisce il più organico ‘ritor-
no’, nel 1969, sulla tematica che si va considerando – con il quale si
correggeva (e a mio parere eccessivamente) la rappresentazione di un
drastico cambiamento intervenuto nel passaggio negli anni ’80 dal gas-
sendismo al cartesianesimo (un certo cartesianesimo) offerta unanime-
mente da quelli che in un primo momento erano stati i ‘moderni’ (co-
me gli stessi Vico e Doria, oltre che Giannone)
73
.
Il dato critico fondamentale era che in rapporto a quella precisa si-
tuazione andava considerato il tipo di opposizione al cartesianesimo di
Doria e Vico, i quali dovevano cogliervi la «separazione operatasi fra
fisica e metafisica cartesiana […], nella preminenza data quasi esclusi-
vamente alla prima per cui la seconda […] scadeva in seconda linea e
sembrava quasi un artificio malamente sopraggiunto»
74
.
72
Senza dubbio «il rappresentante più cospicuo dell’incontro anche involontario
della scienza galileiana con quella cartesiana, al di fuori di ogni più profonda preoccu-
pazione metafisica» (ivi, p. 313 [871]).
73
Si veda I
D
.,
Da Campanella a Vico
, in
Campanella e Vico
, Atti del Convegno in-
ternazionale dell’Accademia dei Lincei (Roma, 12-15 maggio 1968), Roma, 1969; poi
ripubblicato in I
D
.,
Dal Rinascimento all’Illuminismo
, cit.: cfr. in partic. pp. 105 sgg.
Sul punto critico richiamato, ma più in genere sulla questione dei caratteri del cartesia-
nesimo (e in ispecie del ‘cartesianesimo ortodosso’) nella cultura napoletana fra Sei-
cento e primo Settecento, non mi pare inopportuno ricordare, fra i miei contributi,
almeno il libro
Verso la ‘Vita civile’. Antropologia e politica nelle lezioni accademiche di
Gregorio Caloprese e Paolo Mattia Doria
, Napoli, 1984: per un richiamo a posizioni di
Garin nel quadro della letteratuta cririca sull’argomento, cfr. in partic. pp. 75 sgg.
74
Quel tipo di opposizione era «conseguenza del modo in cui un Cornelio o un
Leonardo di Capua, scienziati, avevano accolto e diffuso le nuove teorie in un ambien-
te adatto piuttosto ad accogliere dottrine scientifiche che non ipotesi metafisiche».
Ecco allora che Vico nella sua
Autobiografia
era indotto a separare la fisica meccanici-