ENRICONUZZO
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Del panorama critico consolidatosi sul pensatore napoletano, ed
anche delle principali voci di ispirazione neoidealistica, quelle pagine –
si è detto – assumevano naturalmente alcuni momenti importanti.
Il più ovvio era quello dell’immagine – certo non priva di fonda-
mento, ma per qualche aspetto unilaterale, oggi maggiormente rivedi-
bile – di un pensiero assai tormentato e oscuro, intrinsecamente diffi-
cile da portare a chiarezza in una lotta eroica della sua stessa mente
77
.
Meno ovvio, ma piuttosto ‘naturale’ – perché assai diffuso, ma non po-
co distorcente, possiamo dire oggi con decisione – era il tratto rico-
struttivo dell’esperienza di pensiero vichiana che accorpava in un’uni-
ca vicenda la tanto mossa meditazione che andava dal
Diritto uni-
versale
all’ultima versione della
Scienza nuova
: con un sacrificio effet-
tivo del primo che si riverberava nella ben poca attenzione che anche
l’esposizione di Garin gli concedeva
78
. E non a caso questi dallo scena-
77
In Vico era «eroica [la] lotta combattuta nel chiuso della sua mente per dare
chiarezza al tormentatissimo suo pensiero» (I
D
.,
Dal Rinascimento al Risorgimento
,
cit., p. 353 [920: «…al suo tormentato pensiero»]). Dopo il
Diritto universale
«si ac-
centua ora in Vico quel quasi tragico, certo eroico, battagliar con se stesso per raggiun-
gere un’esposizione insieme chiara e concisa delle sue idee» (p. 359 [927]). L’idea di
un «tormentoso processo di pensiero» era chiaramente diffusa nella critica vichiana, e
ribadita dai suoi protagonisti: le parole citate (a proposito delle redazioni della
Scienza
nuova
, specie a partire da quella del 1730) sono di G. G
ENTILE
,
Le varie redazioni della
‘Scienza Nuova’ e la sua ultima edizione
, in
Studi vichiani
, cit., p. 186. Ma sono diversi i
luoghi in questi citabili relativi ad un Vico «tormentato tutta la vita» (p. 23), accostato
a Bruno in ordine all’«eroismo della mente», dello «spirito» (p. 53), etc.
78
Si veda in proposito, tra i luoghi gentiliani richiamabili, uno che si legge nello
scritto (apparso per la prima volta nel 1912)
La prima fase della filosofia vichiana
, ivi,
p. 21, a proposito del secondo «momento» della filosofia vichiana, «iniziato nel 1720
col
De universi iuris uno principio et fine uno
» e che «si spiega nel lungo laborioso pro-
cesso della
Scienza Nuova
». O si veda la programmatica enunciazione di Croce nella
sua monografia vichiana. Col nome di ‘Scienza nuova’ «intendiamo tutto quel com-
plesso di ricerche e di dottrine che il Vico venne mettendo fuori dal 1720 al 1730, anzi
al 1744, e che, elaborato precipuamente nelle tre opere del
De uno universi iuris et
principio et fine uno
e della prima e seconda
Scienza nuova
, ha nella redazione definiti-
va di quest’ultima la sua forma più sviluppata e matura, alla quale principalmente gio-
va riferirsi» (B. C
ROCE
,
La filosofia di Giambattista Vico
, cit., p. 41). Che era convin-
zione che sosteneva ed era a sua volta rafforzata dall’impostazione ‘tematica’ e dunque
dalla trattazione sostanzialmente ‘sincronica’ del pensiero di Vico.
Una simile trattazione contribuiva a rafforzare il giudizio – che si è visto riecheg-
giato nelle pagine esaminate di Garin – circa «l’oscurità che regna nella ‘Scienza nuo-
va’», «vera oscurità», non estrinseca, ma sostanziale «oscurità d’idee» (
ibid.
), per un
elemento di carente intelligenza di nessi e di conseguente arbitrarietà, per «errori» da
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