ENRICONUZZO
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leggere largamente sulla base di consistenti più ravvicinati tramiti cul-
turali anche le presenze del platonismo rinascimentale nelle
Orazioni
80
.
Si delineava così una linea interpretativa che consente di riscontrare sia
una «vicinanza con analoghi atteggiamenti rinascimentali» (atteggia-
menti, si badi), che una più «precisa corrispondenza con talune posi-
zioni proprie della cultura filosofica contemporanea al Vico»
81
. Si deli-
neava cioè il motivo critico – poi essenziale in Garin – della collocazio-
ne di Vico in una posizione non di isolata retroguardia, comunque di
collegamento all’età umanistica eminentemente attraverso «tramiti», e
assolutamente liberata da funzioni di ‘precorrimento’ delle grandi con-
quiste della speculazione criticistica e idealistica.
Si tratta del nucleo forte di un disegno interpretativo (appena traccia-
to, dovrebbe essere superfluo ribadire) che viene confermato nell’espo-
sizione, nella sintesi vallardiana, dello svilupparsi del pensiero vichia-
lungi dai sensi, raccogliendosi nell’interiorità» (p. 929), seguiva chiaramente un’indica-
zione gentiliana circa i caratteri di quel «cartesianesimo platonico», «capovolto», che,
muovendo da Plotino, «da Agostino in poi» aveva chiamato al ritorno
in interiore no-
mine
(G. G
ENTILE
,
La prima fase
, cit., p. 63; il quale però continuava con troppo
precise indicazioni di letture e assunzioni vichiane di Ficino, etc.).
Intervenendo sulle opposte interpretazioni esposte da Gentile e Corsano delle
Orazioni inaugurali
, De Ruggiero non aveva torto nel ravvisare in entrambi elementi
di forzatura. Se l’«interpretazione attualistica» aveva forzato il significato di «poche
e sporadiche anticipazioni speculative, fino al punto di vedere in questa prima fase
del pensiero vichiano l’unità ancora indifferenziata delle seguenti, e cioè una meta-
fisica dell’essere e una metafisica dello spirito», quella di Corsano a sua volta «ha
varcato il segno» (G. D
E
R
UGGIERO
,
Storia della filosofia
, cit., p. 30). Garin per suo
conto però non seguiva assolutamente le tracce dell’esegesi gentiliana basata sulle
tre «fasi» del pensiero vichiano; né, tantomeno, seguiva la cattiva correzione che De
Ruggiero finiva con il proporre, insoddisfatto del «tentativo di risolvere senza resi-
dui la dottrina del Vico in una filosofia dello spirito», riconoscendo «un fondo di
verità non trascurabile nella veduta positivistica che attribuisce a Vico la paternità di
una filosofia della storia, nel senso più tradizionale e teologico della parola, come
sovrapposizione delle idee ai fatti, del vero al certo», non «più per noi la grande
scoperta di Vico» (ivi, p. 79).
80
In realtà poi neppure tanto estese, ad esempio pensando al capovolgimento nella
terza orazione della celebre tesi di Pico che «l’uomo è uomo per la libertà». Garin co-
munque riprendeva la veduta piuttosto consolidata che il motivo, che si rileva nella
prima orazione, del «parallelo fra Dio artefice della natura e l’uomo creatore del mon-
do umano» sarebbe divenuto un giorno «veramente il tramite tra il pensiero di Ficino
e Campanella e la
Scienza Nuova
» (ivi, p. 362 [930]).
81
Ivi, pp. 363-364 (932).
1...,46,47,48,49,50,51,52,53,54,55 57,58,59,60,61,62,63,64,65,66,...280