GLI STUDI VICHIANI DI EUGENIO GARIN
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quel che da dono egli può far divenire virtuosa conquista». Si trattava
di un’interpretazione rafforzata dalla conclusione circa il rapporto co-
munque cruciale tra «natura» e «grazia», e il concorrere di grazia e
provvidenza nella riaffermata libertà umana: «ove non è, come a ta-
luno è sembrato, quasi un discendere della grazia a natura, ma piutto-
sto un tendere della natura a grazia»
86
.
È una frase breve, posta sul finire delle pagine vichiane (nell’edizio-
ne del 1966 non senza significato concludendole), che il lettore può fa-
cilmente sorpassare senza darvi troppo peso. Ma farebbe male. Ché
quella frase, a mio avviso, tocca il punto più delicato delle interpreta-
zioni di Vico idealistiche, ma anche di tutte le interpretazioni in chiave
‘naturalistica’, e, sia pur sommessamente, le rovescia.
Per intendere appieno quella frase occorre individuare il «taluno»
di cui si parla: che può essere più di uno, ma pare essere in primo luo-
go Giovanni Gentile, e precisamente per il saggio suo, pubblicato per
la prima volta nella prima edizione dei suoi
Studi vichiani
,
Dal concetto
della grazia a quello della provvidenza
. È forse il saggio, nella sua densa
concisione, più bello tra quelli vichiani, dotto quanto intenso nell’ade-
sione al tema, esente da preoccupazioni, almeno immediate, di indivi-
duare precorrimenti genealogici idealistici. Dopo un ritorno di appro-
fondimento sui debiti di Vico verso il Ricardo (cioè il gesuita francese
Stefano Dechamps), con necessarie ‘incursioni’ nel
Diritto universale
,
Gentile perveniva infine alla sua tesi, capitale per tutta l’interpretazio-
ne del filosofo napoletano, secondo la quale questi, a partire segnata-
mente dalla
Scienza nuova
del 1725, aveva messo da parte la grazia per
sostituirla con la provvidenza come «razionalità immanente», di modo
che la prima «veniva quindi per lui ad identificarsi, per quanto oscura-
mente, con la stessa natura»
87
.
In questa interpretazione, che faceva ‘discendere’ dalla grazia alla
natura, v’era qualcosa di vero, ma anche il rifiuto di una diversa ango-
lazione prospettica, a mio avviso invece assai più persuasiva: dalla qua-
86
Ivi, pp. 382-383 (953-954, con qualche modifica).
87
Smesso di parlare della grazia nella
Scienza nuova prima
, Vico «finirà con l’ac-
corgersi che la sua Provvidenza prescinde affatto dall’opera del Cristo, e perciò non ha
più niente a che fare con la grazia». Conservando «sempre la primitiva impronta della
dottrina della grazia, qual è propugnata dal Dechamps», «la grazia non è negata, di
certo, ma è dichiarata estranea alla ricerca vichiana», infine identificandosi «oscura-
mente» con la stessa natura (G. G
ENTILE
,
Dal concetto della grazia a quello della prov-
videnza
, in
Studi vichiani
, cit. pp. 147-165; per le parole citate, pp. 163-165).