«IPSI CAUDA SCORPIONIS IN ICTU FUIT»
67
occupando
19
: «la maggior parte di essi sembra aver semplicemente getta-
to una gran quantità di materiale nel cestino»
20
. Anche nel nostro caso la
lettera di denunzia non è stata conservata né registrata presso l’Archivio e
in nessun documento si fa riferimento a essa o al denunziante. Il nome di
quest’ultimo, inoltre, non era stato reso noto all’esterno, dal momento
che tutti i processi istruttori erano velati dal segreto e tali rimanevano se,
come il nostro, si concludevano con l’archiviazione del caso
21
.
Devo alla lettura di una nota a piè di pagina della
Nota al testo
di
Amedeo Quondam
22
alla sua edizione delle
Satire
di Ludovico Sergardi
il primo indizio che sono riuscita a trovare sul più probabile denun-
ziatore, che ritengo sia appunto quest’ultimo. In essa Quondam cita
due lettere all’amico senese Giulio del Taja in cui Sergardi lo mette al
corrente della morte di Gravina, avvenuta il 6 gennaio 1718. Dal mo-
mento che in una di queste due lettere Sergardi riferiva che le opere di
Gravina erano al Sant’Uffizio, mi sono recata a Siena per esaminare
l’intero epistolario di Sergardi a del Taja, conservato inedito presso la
Biblioteca comunale, Autografi Porri, busta XIV, fascicoli 1-16, in
19
Wolf si riferisce ai secoli XVII-XVIII.
20
Ivi, p. 36.
21
Lo stesso denunziatore, probabilmente Sergardi come vedremo subito, ha avuto
le sue buone ragioni a non diffondere la notizia della sua denunzia, data la gravità di
essa e, soprattutto, dato il suo fallimento: il caso si concluse infatti con la delusione
delle sue aspettative. Inoltre il denunziatore poteva avere ragione di temere di essere a
sua volta attaccato per aver rivolto una ingiuriosa calunnia (l’accusa a Gravina di man-
canza di ortodossia è analoga a quelle presenti nelle
Satire
di Sergardi; sulle analogie
tra le accuse rivolte a Gravina rispettivamente nelle relazioni dei due consultori e nelle
Satire
torneremo più avanti) nei confronti di un uomo che, per quanto fosse molto odiato
da alcune correnti della Curia (torneremo più avanti anche su quest’argomento), aveva
avuto rapporti di amicizia e di stima con il Papa vivente negli anni dell’istruttoria e anche
con Cardinali che erano membri della Congregazione in questi stessi anni (tra cui Corsi-
ni, che aveva appoggiato l’Accademia dei Quirini), oltre che con personaggi di spicco
della gerarchia del Sant’Uffizio, primo fra tutti il cardinale Francesco Pignatelli, respon-
sabile del Sant’Uffizio a Napoli proprio negli anni dell’istruttoria sulle
Tragedie
di Gravi-
na (è noto a tutti che Gravina fu l’agente di Pignatelli presso la Curia romana negli anni
1690-1712 e che gli inviava ogni settimana resoconti epistolari sugli avvenimenti riguar-
danti il Vaticano; le lettere sono edite in
Curia Romana
). Bisogna quindi ipotizzare che il
denunziatore abbia confidato nelle inimicizie che Gravina comunque aveva all’interno
della Curia, come dimostra anche l’astio che i due consultori riversano nelle loro relazio-
ni. Del resto, come diremo meglio più avanti, è molto probabile che chi ha denunziato
Gravina sia stato sostenuto da un gruppo politico.
22
A. Q
UONDAM
,
Nota al testo
, in L. S
ERGARDI
,
Le Satire
,
a cura di A. Quondam,
Ravenna, 1976, pp. 67-68, nota 16.
1...,57,58,59,60,61,62,63,64,65,66 68,69,70,71,72,73,74,75,76,77,...280