ANNARITA PLACELLA
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cerca di altri eventuali indizi. In questo modo ho potuto appurare che
in ben quattro lettere, tutte del 1718 e a ridosso della morte del Rog-
gianese, Sergardi fa sapere all’amico che presso il Sant’Uffizio, in quel
periodo stesso, si stava svolgendo un processo contro Gravina.
Tale dichiarazione acquista la sua importanza solamente ora che ho
scoperto l’effettiva presenza in Sant’Uffizio del processo a Gravina:
senza questo riscontro, infatti, la dichiarazione di Sergardi poteva sem-
brare una semplice esagerazione usata per dire che Gravina aveva
scritto opere dai contenuti eretici, ripetendo un’accusa già formulata
ripetutamente nelle
Satire.
Le lettere relative alla morte di Gravina e agli accenni al Sant’Uffi-
zio, tutte del 1718, sono conservate nel fascicolo 9 (della citata busta
XIV) che contiene appunto le lettere del 1718
23
. Ai nostri fini la più
importante è la lettera n. 161, datata 29 gennaio 1718; nella seconda e
terza facciata della lettera così Sergardi si esprime su Gravina: «Filo-
demo è morto in trè ore di male di volvolo colla sola assistenza di due
Bardasse. I suoi scritti sono dal S. Uffizio dal quale si fa un rigoroso
processo, e si dubita che faranno disumare il cadavere per farlo abbru-
ciare in Campo di Fiore. Adesso dicono che Settano è un S. Padre, e un
Profeta; ma a buon conto hanno lasciato che questo briccone guasti tan-
ta gioventù con oppinioni scempiat. me»
24
. Queste ultime considerazioni
sul cadavere di Gravina da bruciare in Campo dei Fiori e sui presunti
elogi che Settano avrebbe ricevuto per le calunnie e accuse di eresia
espresse nelle
Satire
contro Gravina sono ovviamente un’esagerazione di
Sergardi, dal momento che le
Tragedie
furono poi assolte nel giro di sole
due Congregazioni dell’Indice. Ma il fatto che egli avesse notizia di un
processo a Gravina presso il Sant’Uffizio è la prova quasi certa che fu lui
stesso il denunziatore
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, perché in nessun altro modo Sergardi avrebbe
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Ho letto tutte le lettere dal 1716 al 1721, ma si fa riferimento a Gravina soltanto
in quelle, tutte del 1718, che cito nel testo.
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Quondam cita appunto le lettere n. 160 e 161, della quale ho appena riportato
uno stralcio. La lettera n. 160, del 19 gennaio 1718, non fa riferimento al Sant’Uffizio;
alla terza facciata troviamo scritto: «Averete inteso la morte disgraziata del povero
Filodemo. Bisognarà fargli il funerale».
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Il fatto che Sergardi era a conoscenza che «I suoi scritti sono dal Sant’Uffizio» di-
mostra che il denunziatore fu egli stesso o uno della sua cerchia di amici che si confidò
con lui. Infatti è difficile che uno dei consultori o dei cardinali avesse violato il segreto
istruttorio mettendo a conoscenza Sergardi di un’istruttoria su Gravina. La denunzia, co-
me ho già detto, avveniva al Sant’Uffizio; nel momento in cui il denunziatore lasciava la
lettera di denuncia, nemmeno lui sapeva più cosa accadeva all’opera (o alle opere) de-