«IPSI CAUDA SCORPIONIS IN ICTU FUIT»
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potuto sapere del processo a Gravina, in quanto le notizie sui procedi-
menti preliminari e sui processi non potevano trapelare altrimenti, per-
ché velate dal segreto istruttorio fino alla condanna del libro, condanna
nunciata: solo nel caso di condanna finale si veniva a sapere del processo, dal momento
che il libro veniva messo all’Indice. Sergardi, avendo fatto la denunzia al S. Uffizio, di-
chiara all’amico del Taja che le carte relative a Gravina sono presso tale organo compe-
tente e mostra di non sapere che la questione fu invece passata alla Congregazione del-
l’Indice. Come ho già accennato, non è rimasta traccia del nome di Gravina presso nes-
sun fondo dell’Archivio del Sant’Uffizio: tutto ciò che lo riguarda è presso l’Archivio del-
la Congregazione dell’Indice. Neanche la lettera di denuncia è stata conservata: fu molto
probabilmente cestinata, dal momento che il Sant’Uffizio non aprì un fascicolo su Gravi-
na (cosa che invece accadde per Vico: il caso della
Scienza nuova
fu trattato dal Sant’Uffi-
zio, e tutti i documenti relativi a quest’opera sono conservati in un unico fascicolo, com-
presa la lettera di denunzia). Inoltre Sergardi nella lettera sopra citata parla di «scritti» in
generale: non è del tutto da escludere che la denunzia riguardasse tutta l’opera (o co-
munque diversi scritti) di Gravina e che fu poi il Sant’Uffizio o il Segretario della Con-
gregazione dell’Indice a decidere di appuntare l’attenzione sulle sole
Tragedie.
Tuttavia
sembra più probabile che Sergardi nella sua denunzia abbia posto la sua attenzione sulle
Tragedie
: infatti, come vedremo più avanti confrontando il contenuto dei
Prologhi
alle
Tragedie
con i 19 versi dell’
Andromeda
su cui si appuntò l’attenzione dei due consultori,
appare chiaro che Sergardi dovette sentirsi offeso dalle
Tragedie
,
vedendo forse la sua
persona attaccata nella figura di Calcante nel
Palamede
o di Mennone nell’
Andromeda
o
comunque di altri personaggi delle
Tragedie
ipocriti nemici del saggio. La lettera del 29
gennaio 1718 è da considerare comunque come termine
ante-quem
per la datazione della
denunzia, che cioè può essere avvenuta solo prima di quella data. Ma c’è da aggiungere
che essa non può essere avvenuta molto tempo prima della morte di Gravina, perché il
Roggianese sarebbe stato messo a conoscenza della cosa, dal momento che fino all’ultimo
aveva goduto di grossi appoggi presso la Curia pontificia e anche presso alcuni cardinali
che facevano parte della Congregazione dell’Indice, oltre che presso Pignatelli. C’è inol-
tre da aggiungere un interessante dato alla questione del ruolo di Sergardi nella istrutto-
ria nei confronti di Gravina. Nella
Pasquinata
, che Quondam pubblica (in S
ERGARDI
,
op.
cit.
, pp. 375-397) nel volume a sua cura delle
Satire
, attribuendola a Sergardi (anche se
con qualche riserva, per la quale vedi, ivi, la sua
Nota al testo
, p. 81), viene preso feroce-
mente di mira il cardinale Fabroni (che negli anni dell’istruttoria alle
Tragedie
è Prefetto
della Congregazione dell’Indice) ai vv. 187-198, p. 383, e anche il cardinale Vallemano
(che negli anni dell’istruttoria alle
Tragedie
è membro della Congregazione dell’Indice e
presenzia alle prime due riunioni della Congregazione dedicate appunto alle
Tragedie
), ai
vv. 58-60, p. 377 e ai vv. 199-204, p. 384. Dal momento che la
Pasquinata
è, come sottoli-
nea Quondam, del 1708 (ivi, p. 80), non è in contraddizione con la denunzia che Ser-
gardi (o un uomo a lui vicino) avrebbe fatto contro le opere di Gravina presso il Sant’Uf-
fizio: non soltanto erano passati circa dieci anni dalla scrittura della
Pasquinata
, ma essa
era rimasta inedita e, nel manoscritto in cui Quondam l’ha trovata, non c’è neanche l’in-
dicazione dell’autore. Sergardi quindi sapeva bene di non essere per questo inviso al
Sant’Uffizio e pertanto non si fece alcuno scrupolo a denunziare (di persona o meno) le
opere di Gravina come eretiche.