«IPSI CAUDA SCORPIONIS IN ICTU FUIT»
95
molinismo Gravina parla, in alcune lettere a Pignatelli, come dottrina
esecrabile
71
, in particolare negli accurati resoconti delle riunioni della
Congregazioni dell’Indice in cui si discuteva del molinismo
72
e nel rac-
conto di un episodio sconcertante avvenuto ad opera di «una scelerata
setta»
73
che si rifaceva a «un corollario del molinismo»
74
.
In questa let-
tera Gravina mostra di deplorare la dottrina molinista proprio per la
profonda conoscenza che ha di essa, attestata dalla descrizione che fa a
Pignatelli delle «massime» dei molinisti stessi, aggiungendo che queste
ultime erano ancora «occulte», non essendo ancora state condannate
ufficialmente dalla «Sacra Inquisizione»
75
, e quindi conosciute solo da
persone, come lui, vicine alla Curia. Nelle lettere a Pignatelli Gravina
mostra dunque di avere rapporti molto stretti con alcuni Cardinali della
Congregazione dell’Indice, che devono averlo informato in privato del
contenuto delle discussioni teologiche che venivano fatte appunto nel
corso delle loro riunioni velate dal segreto istruttorio. La profonda co-
noscenza dimostrata da Gravina degli indirizzi teologici della Congrega-
zione dell’Indice e dell’accanimento di essa nel perseguire le teorie rite-
nute poco ortodosse e la vicinanza di Gravina, dimostrata nelle lettere
76
,
Quondam aggiunge che i vv. 124-154 della III satira (S
ERGARDI
,
op. cit.
, pp. 118-120)
«presentano un Gravina inequivocabilmente molinista» (A. Q
UONDAM
,
Cultura e
ideologia
, cit., p. 109 n.).
71
Gravina si pronuncia anche in un’altra occasione sul molinismo come dottrina
esecrabile per antonomasia. Nel Codice Ottoboniano latino 3096, conservato presso la
Biblioteca Apostolica Vaticana, alla c. 44r, è raccolta la risposta di Gravina alle accuse
di immoralità, anticurialismo ed eresia («molinesimo») a lui indirizzate da Sergardi
(«Principe […] del Satiresimo»). Come vedremo più avanti, Gravina afferma che i
suoi detrattori non riescono a concepire una virtù, come quella di Palamede, premiata
dopo la morte. Infatti essi agognano solamente premi terreni: «Ma i censor nostri non
san riconoscere / Virtute alcuna fuor del molinesimo».
72
Cfr., in
Curia romana
, le lettere datate
«15 novembre 1698» (in partic. p. 19),
«13 maggio 1699» (in partic. p. 24), «29 novembre 1700» (in partic. p. 62). Sull’attività
di Gravina agente di Monsignor Francesco Pignatelli
(al quale inviava ogni settimana
resoconti epistolari degli avvenimenti politici degni di nota che accadevano a Roma,
editi, appunto, in
Lettere
) presso la curia pontificia cfr. M. S
TERZI
,
G. V. Gravina
agente in Roma di Mons. F. Pignatelli
, in «Archivio della Soc. Romana di Storia Patria»
XLVIII (1925) 1-4, pp. 204-391, e A. S
ARUBBI
,
Introduzione
, cit., pp. V-XL.
73
Lettera datata
«11 dicembre 1694», in
Curia romana
, p. 12.
74
Ivi, p. 13; l’episodio è raccontato alle pp. 12-14.
75
Ivi, p. 13.
76
Come dimostra il seguente passo della missiva datata
«13 maggio 1699», in
Curia romana
,
p. 24: «Su quell’affare che V. S. I. sa, io avrò in mano un lungo e pieno