GIUSEPPE CACCIATORE
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della sostanza mentale, giacché concentra in sé, appunto, l’essenza del-
l’umano che è, al tempo stesso, senso, passione, volontà e ragione
4
.
Non contraddice questa lettura di Vico la pur evidente caratterizza-
zione in chiave di filosofia cristiano-provvidenziale (con una accen-
tuata impronta agostiniana) di una relazione che è forse traducibile nei
termini da me indicati, ma che è anche ed essenzialmente pensata ed
argomentata innanzitutto come nesso tra metafisica divina e conoscen-
za umana. Malgrado ciò, resta a mio avviso impregiudicato il tema del
reciproco passaggio dall’ordine della storia all’empiricità del mondo
umano e civile. Anzi è proprio questo fondamentale concetto di
civile
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che, pur non distaccandosi da uno sfondo cattolico-provvidenzialistico
(anzi quasi utilizzandolo in modo funzionale alla determinazione del-
l’esistenza del dato empirico), concorre a configurare quell’oggetto ef-
fettuale e ‘differente’ dei ‘principi’ di una filosofia che, come mente, si
esteriorizza nelle forme mondane e che si fa perciò, al tempo stesso,
antropologia, politica e scienza (storico-filologica) della cultura. In-
somma, ancora una volta, il problema torna ad essere quello che
abbiamo posto al centro di questa nostra analisi: il ritrovamento, anche
e forse soprattutto dinanzi alle radicali trasformazioni indotte dalla
crisi profonda del mondo attuale, della necessaria mediazione tra un
ordine del pensiero (che si può tradurre anche in un sensato universa-
lismo etico) e la incomprimibile varietà delle differenze fenomeniche
dei fatti del mondo e della storia
6
. Si tratta, peraltro, di un percorso
che da Vico, almeno nella mia posizione, può giungere alla giustifica-
zione filosofica di una teoria della interculturalità e della sua etica non
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Condivido su questo punto le considerazioni avanzate da Gessa (cfr., tra gli altri
suoi interventi dedicati a Vico, l’
Introduzione
a
Il sapere poetico e gli universali fantasti-
ci
, cit., pp. 17 sgg.). Anche per Gessa, infatti, il sapere declinato da Vico è fondamen-
talmente
inclusivo
, dunque teso ad aggregare in sé sensibilità e corporeità non disgiun-
gibili dalla razionalità. Insomma è una «forma di razionalità non
stretta
ma
larga
», ca-
pace di contrapporsi efficacemente «al sapere codificato da Cartesio». Ciò che tuttavia
mi allontana da questa interpretazione è la sottovalutazione del fatto che, per Vico, esi-
ste un più alto livello sistematico e persino teologico-metafisico (la teologia ragionata
della provvidenza o, detto in altri termini, l’ordine dei principi) col quale necessaria-
mente deve mediarsi il mondo delle empiriche differenze. Anche questa, come l’altra
che riguardava il senso radicalmente nuovo della razionalità integrata ed inclusiva, è
questione filosofica centrale nella ricerca vichiana.
5
Vedi i miei saggi sulla filosofia civile citati nella nota 1.
6
Su questo cruciale passaggio della riflessione vichiana è fondamentale il libro di E.
N
UZZO
,
Tra ordine della storia e storicità. Saggi sui saperi della storia in Vico
, Roma, 2004.
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