GIUSEPPE CACCIATORE
12
menti comuni delle religioni e delle mitologie, come anche dei caratteri
fantastici e dei dizionari mentali. Naturalmente si tratta, in questa dire-
zione interpretativa, di porre in risalto la funzione, a un tempo, logico-
cognitiva, metodica e filosofico-politica del concetto di
senso comune
,
ma anche di comunanza, intesa come spazio complessivo dei bisogni
umani e delle comuni utilità.
Di una vera e propria teoria del
senso comune
Vico inizia a parlare
già nelle
Orazioni inaugurali
e nel
De ratione
9
.
Qui, infatti, appare già
evidente la preoccupazione vichiana di connettere metodi e contenuti
della formazione dell’uomo ‘civile’, più ai motivi della classica ‘filosofia
pratica’ della tradizione aristotelica
10
che non ai principi del razionali-
smo cartesiano. Fin dall’inizio, anche se non in modo sistematico ed
organizzato come nell’opera maggiore, si fa spazio nella riflessione vi-
chiana una filosofia capace di muoversi sul doppio versante della defi-
nizione del
vero
– cioè di ciò che si può racchiudere nei ‘principi’ e che
appartiene alla scienza del giusto – e del ritrovamento del
certo
– cioè
di ciò che appartiene alla storia e alle sue differenze empiriche, ma an-
che al diritto e all’equità naturale. È alla luce di questa voluta duplicità
che viene delineandosi, nel corso dell’intera opera vichiana, quel
complesso e continuo rinvio tra aristotelismo e platonismo, cioè tra
una metafisica delle forme particolari e una metafisica dell’idea eter-
na
11
. D’altronde la ‘politicità’ della filosofia di Vico si rende visibile
proprio a partire dalla duplicità non soltanto delle matrici teorico-filo-
9
In partic. cfr. G. V
ICO
,
De nostri temporis studiorum ratione
, in
Opere
, cit., pp. 104
sgg. La critica astratta, osserva Vico, commette il grave errore di allontanare dalla mente
dei giovani i «secondi veri», cioè i verisimili. Invece, «la prima cosa che va formata negli
adolescenti è il senso comune, affinché, giunti con la maturità al tempo dell’azione
pratica, non prorompano in azioni strane ed inconsuete.
Il senso comune si genera dal
verosimile come la scienza si genera dal vero e l’errore dal falso
» (il corsivo è mio).
10
Basti riandare a quella pagina dell’
Autobiografia
dove il filosofo ricorda come
fosse stato stimolato, a seguito della lettura di un passo dell’
Ars poetica
oraziana, a in-
dirizzarsi allo studio della «morale degli antichi greci», e in primo luogo di Aristotele,
cioè di quel pensatore che, a suo giudizio, più degli altri trovava coerente con la
ricerca dei «vari principi d’instituzioni civili» (G. V
ICO
,
Vita scritta da se medesimo.
1723-1728; d’ora in poi
Vita
. Cito dall’edizione curata da A. Battistini, in
Opere
, cit.,
vol. I, p. 13). Ho affrontato il tema del debito vichiano verso la tradizione aristotelica
nell’ultimo capitolo del mio libro tedesco su Vico,
Metaphysik, Poesie und Geschichte.
Über die Philosophie von Vico
, Berlin, 2002. Ad esso rinvio per i riferimenti e le analisi
della letteratura critica al riguardo.
11
È ancora Vico a segnalare questa polarità: cfr.
Vita
, p. 14.
1...,2,3,4,5,6,7,8,9,10,11 13,14,15,16,17,18,19,20,21,22,...236