MEDICINA, ERUDIZIONE, VITA CIVILE
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letofili, certo. Ma qui, dove l’Università era stata assai più inerte né e-
rano fiorite accademie all’ombra delle quali trovare pieno riparo dagli
scontri corporativi, si combatteva d’altronde una battaglia d’avan-
guardia, intesa ad investire gli spazi istituzionali. In questa battaglia,
gli studi anatomici avrebbero svolto un ruolo essenziale, perché era
proprio qui che medici e chirurghi avrebbero finito per incontrarsi e ‘collegia-
re’ alla pari, soppressa ogni distinzione di rango: il luogo che faceva del dottor
fisico uno scienziato sperimentale, era lo stesso nel quale il cerusico e il perito
settore potevano ascendere alla ‘nobiltà’ della teoria
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.
Il teatro dove sarebbero venuti al pettine i nodi attorno a cui s’era
stretta l’opera di medici come Catani, doveva ancora essere l’Ospedale
degli Incurabili. Proprio nel Teatro anatomico degli Incurabili Dome-
nico Cotugno leggeva nel marzo 1772 il discorso inaugurale
De lo spi-
rito della medicina
, dov’era sostenuto con mirabile energia:
[La medicina] non vuole che cognizioni di fatti, non vuol dunque che cose
vere, e reali, non vuol che fatti, non vuol che pratica
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.
Tra il 1778 ed il 1780 si compiva la fondazione della Scuola di Me-
dicina degli Incurabili, con la volontà di raccordare l’insegnamento al-
la pratica ospedaliera contro il conservatorismo dell’Università e del
Collegio Medico. La cattedra di anatomia era assegnata a Cotugno,
quella che univa competenze urologiche ed oculistiche a Michele Troja.
Era la cattedra dove il sapere di coloro che erano stati litotomi e ocu-
listi come Catani trovava consacrazione su una base di rinnovata con-
cezione della medicina. Da altra posizione di forza Giovanni Vivenzio,
direttore della Scuola, poteva ora proseguire l’azione di contenimento
dei privilegi di quanti, garantiti dalle posizioni ferme, avevano mono-
polizzato l’attività chirurgica nei luoghi ospedalieri di maggior rino-
manza. Contro le privative dei medici tradizionalmente incardinati su
quelle posizioni, Vivenzio scriveva al Segretario di Stato Marchese del-
la Sambuca, ricordando
quando la chirurgia in Napoli era nella massima abiezione, e decadenza, e
che pochi erano i chirurghi, i quali intendevano per li suoi principi questa tale
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Ivi, p. 70.
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D. C
OTUGNO
,
De lo spirito della medicina
, a cura di A. Borrelli, Napoli, 1988, p. 39.
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