GIUSEPPE CACCIATORE
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voglia dire giudizio di ordine inferiore rispetto a quello della conoscenza
teoretica), proprio perché è «comunemente sentito da tutto un ordine,
da tutto un popolo, da tutta una nazione o da tutto il genere umano»
26
.
Molto si è scritto e detto sull’importanza che ha la teoria del senso
comune in Vico e non devo qui ripetere interpretazioni ben note
27
. Vo-
glio soltanto sostenere che al là del suo valore epistemologico ed etico-
politico e al di là della sua funzione, per così dire, euristica rispetto al
mondo del verosimile e del pratico, il senso comune rappresenta quel-
l’ulteriore importante passaggio della teoresi vichiana impegnata a ritro-
vare un possibile terreno di mediazione tra universalità e verità del prin-
cipio ordinatore e particolarità e certezza storico-determinata dei diffe-
renti modi di essere e di manifestarsi delle comunità umane. Ma il senso
comune – proprio perché è un giudizio «senza riflessione» e dunque
non astratto e precostituito – diventa per Vico anche uno degli strumen-
ti essenziali della nuova scienza storica, giacché è in grado di risalire alle
origini delle nazioni e dell’umanità, muovendo dalla individuazione de-
gli elementi comuni. La scienza nuova vichiana si prefigge come compi-
to quello della analisi degli effetti storici e delle differenze antropolo-
giche e culturali che si relazionano ai principi naturali e fondativi della
civiltà umana: religione, matrimoni, diritto (quest’ultimo considerato
specialmente alla luce degli istituti giuridici romani dell’asilo e della leg-
ge agraria). Non è certo una forzatura interpretativa, allora, sottolineare
la ‘modernità’ del metodo storico suggerito da Vico: la ricerca delle
dif-
ferenze
, comparativamente individuate tra i tanti ‘possibili umani’. Vico,
insomma, teorizza esplicitamente la relazione tra universalità e particola-
rità, tra il principio metafisico dell’ordine naturale e le differenze specifi-
che del corso storico delle nazioni civili. Solo così, d’altro canto, può as-
sumere plausibilità il continuo trasporsi dei motivi ordinatori (i principi
del vero) del mondo umano civile ai dati storico-differenziali (i fatti del
certo)
28
. La dottrina del senso comune, allora, si rivela in tutto il suo va-
lore filosofico di fondamento di una scienza del
verosimile
come luogo
26
Ivi, pp. 498-499.
27
Rinvio, per le necessarie indicazioni, alle bibliografie periodicamente pubblicate,
a partire dalla fondazione nella prima metà degli anni Settanta, nei «Supplementi» del
Centro di Studi vichiani.
28
«Le tradizioni volgari devono aver avuto pubblici motivi di vero, onde nacquero
e si conservarono da intieri popoli per lunghi spazi di tempi. Questo sarà altro grande
lavoro di questa Scienza: di ritruovarne i motivi del vero, il quale col volgere degli anni
e col cangiare delle lingue e costumi, ci pervenne ricoverto di falso» (
Sn44
, p. 500).
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