RECENSIONI
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le
Orationes.
Dalla lettera di Gravina ad Ancioni si deduce che il giurista ca-
labrese non era molto soddisfatto della edizione di Lipsia delle
Origines iuris
civilis
(1708). Sarebbe interessante conoscerne la ragione, che Lomonaco non
chiarisce. Comunque, insistendo sul primato della
mens,
principio di ogni
moto, sul corpo, Lomonaco ritiene che Gravina giunga a una concezione della
storia animata dalla legge divina, che consente agli uomini di orientarsi verso
il Sommo Bene. In polemica con Grozio (altro autore condannato da Roma),
che propone un diritto universale laico e secolarizzato, Gravina identifica una
lex solius mentis,
appannaggio esclusivo della razionalità umana, in cui Lo-
monaco addita il suo «apporto personale […] alle tesi del giusnaturalismo»
(p. 64). Ne terrà conto Vico, che nel
De uno
(1720) svolgerà una critica serra-
ta di Grozio, fondata sulla distinzione fra
ius naturale prius
e
ius naturale po-
sterius,
partendo dalla distinzione graviniana fra
lex promiscua
e
lex solius
mentis
per approdare a risultati originali.
Particolarmente stimolanti sono gli inediti capitoli terzo, «La questione
delle XII tavole in Gravina e Vico» (pp. 103-140), e quarto, «La storia di Ro-
ma dalla
Respublica
all’
Imperium
» (pp. 141-195), nei quali Lomonaco appro-
fondisce l’esame delle
Origines,
in cui l’«indagine sul divenire del diritto ro-
mano gravita […] sul presupposto filosofico di considerarlo come modello
universale» (p. 103). Gravina si serve della grande lezione di Ioannes Geor-
gius Graevius, con cui fu in corrispondenza, per illustrare le XII Tavole, in
cui vede il «consolidamento del diritto preesistente», e l’affermarsi di «un sa-
pere civile che si organizza nella nuova
civitas
patrizio-plebea», che sostituisce
gradualmente «la tutela giuridica a quella religiosa» (p. 108). Gravina sostiene
l’origine greca delle XII Tavole, che Vico accoglie nel
De studiorum ratione
ma respinge nel
Diritto universale.
Pur riconoscendo dei punti di contatto fra
Gravina e Vico (in particolare per quanto riguarda la concezione della fami-
glia), Lomonaco ritiene che non si possa considerare il primo pensatore come
il precursore del secondo, in quanto le analogie sono ingannevoli: «Nel caso
di Gravina e di Vico, le presunte influenze o dipendenze mortificano l’analisi
indispensabile delle fonti comuni che sono platoniche, tacitiane e groziane,
rimeditate per finalità teoriche nettamente differenziate soprattutto dalle so-
luzioni dell’assolutismo bodiniano» (p. 119).
Di grande interesse è la trattazione del pensiero graviniano sul passaggio
dalla
respublica
all’
imperium.
Lomonaco sottolinea il ruolo decisivo del dante-
sco
De monarchia,
ma forse il magistero di Caloprese e il salotto letterario di
Caravita, «frequentato dagli antibarocchisti meridionali, interessati alla re-
staurazione della lingua e della letteratura toscana» (p. 141) non bastano a
spiegare la presenza di Dante in Gravina. Occorre, infatti, tener presente che
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