RECENSIONI
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accompagnato talvolta da oscillazioni di giudizio soprattutto per ciò che con-
cerne la parte storico-ricostruttiva. Ora non è qui il caso di ripetere il discorso
portato avanti dai curatori, i quali hanno continuato e ulteriormente sviluppa-
to il loro esame anche in un altro contributo,
Ancora sull’edizione critica di
Teoria e storia della storiografia, edito nell’«Archivio di storia della cultura»
(XVII, 2004, pp. 185-203), dando un quadro più che esauriente delle varia-
zioni più importanti. In via del tutto esemplificativa, si può solo brevemente
accennare ad alcune di esse, come, ad esempio, quelle che riguardano la me-
moria pontaniana del 1912,
Storia, cronache e false storie
, poi raccolta nei ca-
pitoli I, II e III della prima parte di
Teoria e storia della storiografia
in maniera
difforme rispetto alla stesura originaria, la quale non presenta una divisione in
tre capitoli ma soltanto in dieci titolati paragrafi; o ancora quelle concernenti
la memoria del 1913,
Questioni di storiografia
, corrispondente ai capitoli V,
VI, VII, VIII e IX della prima parte, che presenta tra le altre varianti anche
quella di avere titoli dei capitoli difformi rispetto a quelli scelti nella stesura
definitiva dell’opera, una modificazione che in un caso si presenta anche nel
passaggio dalla memoria all’edizione tedesca. Massimilla e Tagliaferri condu-
cono con attenzione la loro disamina, e, come si accennava, non mancano di
rilevare alcune modificazioni di giudizio, come quando Croce delinea per la
«storia oratoria» o «praticistica» un tipo di struttura che «presuppone una
storia bella e formata, o almeno una storia poetica, la quale venga recitata per
un fine pratico», un tipo di storia, dunque, che si distingue da quella descritta
nella memoria del 1912, poi confermata nell’edizione tedesca del 1915. Infine,
un dato che è opportuno sottolineare è costituito del fatto che l’analisi condotta
dimostra come, a partire dalla prima edizione di
Teoria e storia della storiogra-
fia
, il filosofo napoletano si sia sforzato «di uniformare rigorosamente l’uso della
nozione di ‘astrazione’, attribuendogli sempre un significato quanto meno limi-
tativo, e perciò conforme alla ‘distinzione tra il pensare e l’astrarre’ sancita, ad
esempio, alla fine del capitolo ottavo della prima parte» (pp. 189-190).
Nel secondo volume si può leggere anche l’importante «Nota al testo» di
uno dei maggiori studiosi italiani del filosofo napoletano, Fulvio Tessitore, il
quale, dopo essersi soffermato sulla ricostruzione della storia esterna del con-
cepimento e della scrittura di
Teoria e storia della storiografia
, mostra come
esso sia il più idealistico libro di Croce fino a giustificarne «la collocazione
quale quarto e conclusivo volume della «Filosofia della spirito». Ciò significa
intenderlo allo stesso tempo come conclusione della prima «Filosofia dello
spirito» e apertura della seconda «Filosofia dello spirito», vale a dire, nella
prospettiva di Tessitore, consacrazione della struttura idealistica del testo e
consapevole apertura alle problematiche storicistiche, anche se esse non furo-
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